MaskHaze: tutte le news su mascherine e igienizzanti

quando è gel igienizzante

Anche se non ce ne rendiamo conto, nell’arco della giornata le nostre mani sono esposte di continuo al contatto con germi e microrganismi nocivi. Compiere gesti semplici come dare una stretta di mano o reggersi agli appositi sostegni sui mezzi pubblici significa potenzialmente contaminare le proprie mani con agenti dannosi per la salute e probabili portatori di infezioni.

Oltretutto, noi usiamo tantissimo le mani: basta pensare anche solo a quante volte le portiamo al viso, agli occhi e ai capelli, rischiando quindi di diffondere ulteriormente i germi. Ecco perché è fondamentale che le mani vengano lavate e igienizzate più volte durante il giorno e, in particolare, dopo che sono state a contatto con agenti atmosferici, oggetti e superfici.

Spesso, quando si è fuori casa, diventa impossibile lavarle con acqua e sapone. In questi casi, accorrono in nostro aiuto dei prodotti chimici che permettono di igienizzare a fondo le mani.
Ma non tutti i prodotti sono uguali: scopriamo quindi quando un gel è igienizzante e quali caratteristiche deve avere per poter essere davvero efficace.

Quando un gel è igienizzante?

Il primo requisito fondamentale affinché un gel sia igienizzante è la composizione: il gel deve infatti contenere un’alta percentuale di alcool denaturato, compresa cioè tra il 60% e l’85%. L’alcol, a contatto con la pelle delle mani, evapora in pochi secondi e agisce eliminando batteri e alcuni virus.

Ecco perché, per pulire le mani con il gel igienizzante non è necessario usare acqua. 

Occorre ricordare che un gel igienizzante è un cosmetico. Si tratta quindi di un prodotto diverso da quelli indicati in etichetta come “presidi medico chirurgici”: questi ultimi, infatti, sono dei disinfettanti e svolgono anche una funzione antisettica. Per questo motivo sono largamente impiegati in ambito medico e ospedaliero. 
I disinfettanti hanno una funzione sanificante e riescono ad eliminare i microrganismi nocivi o a renderli innocui grazie all’intervento di alcuni processi chimici (e non mediante una semplice azione meccanica o fisica). Per questo motivo, vengono anche definiti biocidi.

Leggi anche: Disinfettante mani a base di etanolo: le principali differenze con quelli a base alcolica

caratteristiche gel igienizzante

Caratteristiche del gel igienizzante

In sintesi, i gel igienizzanti garantiscono una corretta igiene delle nostre mani tutte le volte che non è possibile lavarle con acqua e sapone. Una soluzione piuttosto comoda, anche perché la maggior parte dei gel mani vengono venduti in pratiche confezioni di piccole dimensioni che possono tranquillamente essere messe in borsetta e portate ovunque con sé. Occorre, però, ricordare alcune cose:

  • Il gel igienizzante va usato solo ed esclusivamente sulle mani, ma non su altre parti del corpo o su altri oggetti.
  • Affinché funzioni immediatamente e in modo efficace, basta versarne sulla mano la giusta quantità, che non sia troppo generosa ma neanche troppo esigua.
  • La durata della protezione fornita dal gel dipende dall’utilizzo che facciamo delle nostre mani, dal tipo di attività che svolgiamo e dal tipo di ambiente in cui ci troviamo. Può essere quindi necessario usare il prodotto più volte nell’arco della giornata.
  • Chi ha una pelle piuttosto sensibile, deve però, fare attenzione a non esagerare con le applicazioni per evitare di arrossare la cute.
  • Alcuni dei gel igienizzanti presenti in commercio possiedono, tra gli ingredienti, anche profumi o aromi. In questo modo, le mani, oltre a essere perfettamente pulite e igienizzate, sono anche gradevolmente profumate.   
quando e come usare gel igienizzante

Quando e come usare un gel igienizzante

Durante una giornata qualsiasi, sono davvero tante le occasioni in cui potremmo avere bisogno di lavarci le mani ma non avere a disposizione acqua e sapone e dover quindi ricorrere a un gel igienizzante.

Dopo aver quindi spiegato quando un gel è davvero igienizzante, elenchiamo i casi più importanti in cui diventa fondamentale usarlo:

  • Prima di mangiare e, in generale, di maneggiare dei cibi
  • Dopo aver preso i mezzi pubblici
  • Dopo aver fatto sport
  • Dopo aver starnutito o soffiato il naso
  • Dopo aver toccato degli oggetti che non è certo siano stati puliti o disinfettati
  • Dopo esser stato in un luogo pubblico
  • Dopo aver lavorato
  • Dopo aver toccato piante e animali

Ovviamente, non basta applicare un gel igienizzante sulle mani. Affinché questo sia efficace, occorre anche che venga utilizzato in modo corretto. Oltre alle indicazioni che le autorità sanitarie hanno diffuso in occasione della pandemia da Covid-19 circa la procedura corretta per il lavaggio delle mani con acqua e sapone, ci sono alcune azioni precise da seguire anche per igienizzarle con il gel. In particolare, bisogna:

  • Innanzitutto, togliere anelli e altri accessori dalle mani (oggetti di questo tipo vanno igienizzati a parte e anche molto di frequente).
  • Versare il prodotto sul palmo delle mani e iniziare a strofinare.
  • Sfregare con cura e attenzione in modo che il prodotto si distribuisca su tutta la superficie delle mani e dunque su dita, unghie, polso, palmo e dorso.
  • Come raccomandato, quest’operazione deve durare non meno di 30-40 secondi.
  • Strofinare finché non si avverte che il prodotto si è asciugato del tutto.
  • Dopo aver passato il gel igienizzante mani, chi soffre di pelle secca o particolarmente sensibile può ricorrere a un’apposita crema idratante o lenitiva.

Leggi anche: Come disinfettarsi le mani: 3 dritte per farlo correttamente

disinfettante mani etanolo

Alle prime notizie riguardanti la diffusione del tanto temuto virus proveniente dalla Cina, e prima ancora che iniziasse la corsa alle mascherine per il volto, i consumatori si sono lanciati alla ricerca di gel disinfettante mani. Questi prodotti, disponibili anche in piccole confezioni, comode da portare sempre con sé, si rivelano immediatamente indispensabili nel momento in cui si è fuori casa e non è possibile lavare le mani con acqua e sapone.

Tuttavia, è importante sapere che non tutti i disinfettanti sono uguali e non tutti sono in grado di eliminare virus, batteri e germi patogeni.

Quando è esplosa la pandemia da Covid-19, infatti, le autorità competenti in ambito sanitario si sono preoccupate di chiarire quali prodotti possono essere in grado di preservarci dai virus: in particolare, sono efficaci quelli che contengono una percentuale di alcol superiore al 60%.

Quando si acquista un disinfettante, quindi, è fondamentale leggere le informazioni riportate sull’etichetta per capire se contiene un’adeguata quantità di etanolo (banalmente chiamato alcol etilico).  Di norma, mentre i cosiddetti presidi medico chirurgici riportano correttamente questa informazione, altri tipi di prodotti non la riportano. Vediamo quindi quali sono le differenze tra questi e il disinfettante per mani a base di etanolo

Disinfettante mani all’etanolo: perché usarlo

In particolare, l’Istituto Superiore della Sanità, ricorda che i disinfettanti per mani a base di etanolo, per poter essere efficaci, devono possedere una concentrazione di alcol di almeno il 60%. La percentuale sale ulteriormente (fino al 80%) se questi stessi prodotti vengono impiegati in ambito medico-ospedaliero. Nel dare queste informazioni, l’Istituto Superiore della sanità fa riferimento a principi attivi come, appunto l’etanolo o l’ipoclorito di sodio e a presidi medico chirurgici e biocidi, ossia a prodotti realmente efficaci contro i virus. 

Inoltre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dato indicazioni precise sulla composizione di un prodotto disinfettante efficace e sulla concentrazione con la quale ogni componente deve essere presente. Secondo le indicazioni dell’OMS, un liquido disinfettante deve contenere alcol etilico, acqua ossigenata, glicerina e acqua distillata. La percentuale di alcol, come già detto, non deve essere sotto il 60%; la glicerina serve per rendere il prodotto viscoso e fare in modo che rimanga più tempo sulle mani, mentre l’acqua ossigenata agisce contro le spore batteriche. 

Leggi anche: Come disinfettarsi le mani: 3 dritte per garantirti di farlo correttamente 

come usare disinfettante mani etanolo

Disinfettante mani a base di etanolo e prodotti antibatterici

Una prima doverosa distinzione va fatta tra il disinfettante per mani a base di etanolo e un comune prodotto antibatterico. L’antibatterico, infatti, non uccide i virus, ma agisce esclusivamente contro i batteri distruggendoli o riducendone la potenza.

Pertanto, disinfettare le mani con un prodotto antibatterico con la speranza di allontanare i virus (come il Coronavirus) è del tutto inutile: semmai, infatti, in questo modo è possibile prevenire solo l’insorgere di un’infezione di natura batterica.

Disinfettante mani etanolo e pulizia con acqua e sapone

È molto importante saper distinguere “detersione” da “disinfezione” delle mani. Con il primo termine si indica la normale pulizia che si fa utilizzando acqua e sapone o un prodotto cosmetico. Con la disinfezione, invece, si ottiene l’eliminazione di germi e microrganismi patogeni. In questo caso, acqua e sapone non bastano, occorre infatti igienizzare più in profondità. 

Per farlo, bisogna usare un disinfettante mani a base di etanolo, ossia un prodotto che riporti la dicitura “presidio medico chirurgico”. Il normale sapone liquido, per quanto il suo utilizzo quotidiano e frequente risulti importante per l’igiene personale e l’eliminazione di sporcizia e germi, pulisce ma non disinfetta

A questo proposito, occorre fare ancora una distinzione tra due concetti attorno ai quali si fa un po’ di confusione: igienizzazione e disinfezione.

Due concetti che anche per la legge italiana sono ben distinti tra loro. L’igienizzazione si riferisce infatti alle normali attività di pulizia, il cui obiettivo è rimuovere polveri e sporcizia da oggetti, ambienti e superfici. La disinfezione, invece, riguarda tutti quei procedimenti volti all’eliminazione di parassiti, germi e altre specie nocive o non desiderate.

I disinfettanti, come il disinfettante per mani a base di etanolo, sono, come abbiamo già detto, “presidi medico chirurgici” che hanno come funzione prioritaria quella di eliminare i microrganismi patogeni. Non sono, però, indicati per la pulizia o per agire contro la sporcizia.

Al contrario, i prodotti igienizzanti come il gel igienizzante mani, invece, sono spesso cosmetici che hanno semplicemente la funzione di detergere. Sono pensati, quindi, per la pulizia e la cura della pelle e, in alcuni casi, possono agire anche contro i batteri. Ma, appunto, non possono essere considerati disinfettanti e non possono assicurare una funzione contro germi e batteri.

disinfettante mani etanolo come usarlo

Come usare correttamente il disinfettante per mani a base di etanolo

Non basta usare un disinfettante con un’adeguata concentrazione di alcol per eliminare virus e altri microrganismi pericolosi per la salute: il disinfettante, infatti, va usato correttamente. Come le autorità sanitarie hanno più volte ribadito, il disinfettante va applicato sulle mani asciutte. Queste vanno poi strofinate abbondantemente per almeno 30-40 secondi, facendo in modo che il prodotto si distribuisca sull’intera superficie tra dita, dorso, polso e palmo. Infine, bisogna continuare a sfregare le mani finchè il disinfettante non si sarà asciugato completamente.

Leggi anche: Cosa sono i disinfettanti e come agiscono su batteri e virus

come disinfettarsi le mani

Da quando, alcuni mesi fa, è esplosa la pandemia da Covid-19 è balzata all’attenzione di tutti l’importanza di un gesto apparentemente semplice come quello di lavarsi e disinfettarsi le mani.

Importanza legata al fatto che molti dei microrganismi che si depositano sulla nostra pelle quando entriamo in contatto con oggetti e superfici sono patogeni, e sono quindi potenziali portatori di numerose malattie (e non soltanto del Coronavirus).

Anche se il nostro sistema immunitario, il più delle volte, riesce a difenderci dalla presenza di questi germi, è comunque fondamentale sostenerne l’azione con una corretta e frequente igiene delle mani. 

Ecco quindi alcuni consigli pratici su come disinfettarsi le mani per essere certi di aver eliminato la maggior parte di questi microrganismi potenzialmente dannosi. 

Come disinfettarsi le mani

Indipendentemente dalla pandemia di Coronavirus, lavarsi le mani è un gesto di fondamentale responsabilità in numerose occasioni, ed è importante sia per la nostra salute e sia per quella delle persone alle quali ci avviciniamo. Anche quando a prima vista sembrano pulite, in realtà le mani entrano in contatto con numerosi microganismi patogeni che possono essere trasmessi da un individuo all’altro con un semplice contatto.

In particolare, l’igiene delle mani è necessaria prima di maneggiare gli alimenti, così come dopo essere andati in bagno, aver preso i mezzi pubblici, aver toccato oggetti e superfici potenzialmente sporchi o contaminati, aver starnutito o soffiato il naso, essere stati in un luogo pubblico, e così via. L’elenco dei momenti in cui occorre lavarsi la mani, in realtà, potrebbe essere ancora molto lungo.

Ecco quindi tre dritte su come disinfettarsi le mani in tutta sicurezza per scongiurare il rischio di contaminazione e diffusione delle malattie.

Leggi anche: Cosa sono i disinfettanti e come agiscono su batteri e virus

lavare le mani con acqua e sapone

Lavare le mani con acqua e sapone

La cosa più semplice da fare, a casa come in ufficio o al ristorante, è andare in bagno e lavarsi le mani con acqua e sapone

Durante la pandemia da Covid-19, le autorità in campo sanitario hanno diffuso numerose indicazioni circa la procedura corretta da seguire per il lavaggio delle mani. Questa deve infatti prevedere diversi passaggi e richiedere almeno 40 secondi di tempo per essere certi di aver eseguito una pulizia profonda e completa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, le mani vanno lavate strofinandole in tutta la loro superficie. Occorre prima bagnarle con acqua corrente, passare poi il sapone liquido sfregando le dita, le unghie, i palmi e il dorso con gesti accurati ed energici e, infine, risciacquarle e asciugarle per bene. Chi indossa anelli o bracciali deve aver cura di pulire a fondo anche quelli.

Come disinfettarsi le mani con un prodotto a base alcolica

Quando non si ha a disposizione un lavandino in cui lavarsi le mani, si possono utilizzare dei prodotti gel a base alcolica. Basta versarne poche gocce sulle mani rigorosamente asciutte e strofinare l’intera superficie in modo che il prodotto si distribuisca in modo uniforme su tutta la pelle. Occorre continuare a strofinare finché il gel non si è completamente asciugato. Ci vorranno, all’incirca, 30-40 secondi, che è il tempo raccomandato dalle autorità sanitarie per una corretta disinfezione.

In questo modo, il prodotto a base alcolica può agire uccidendo germi e microrganismi patogeni presenti sulle mani.

Bisogna ricordarsi, però, che non tutti i disinfettanti sono uguali per composizione e concentrazione di alcol: un’efficacia completa contro virus, batteri e funghi è garantita solo da quei prodotti che possiedono una percentuale di alcol tra il 60% e il 95% (tuttavia non è necessario arrivare al 95%: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, possono bastare i disinfettanti a base di etanolo all’80% o a base di isopropanolo al 75%).

L’importante, quando si acquista un gel disinfettante mani, è leggere l’etichetta e verificare che la percentuale di alcol sia indicata. Bisogna fare attenzione a non confondere i prodotti cosmetici (che di solito non riportano tale percentuale) con i presidi medico-chirurgici (che invece la riportano).

come disinfettarsi le mani con un disinfettante

Come disinfettarsi le mani: quali prodotti non usare

La nostra guida su come disinfettarsi le mani prosegue con alcuni consigli circa i prodotti da evitare per una corretta disinfezione.

Innanzitutto, si suggerisce di non abusare di saponi liquidi con antibatterico: l’uso continuo di questi prodotti, oltre a essere spesso superfluo, può infatti causare l’insorgere di tolleranze e resistenze nocive che a lungo andare possono rivelarsi pericolose. 

Un altro prodotto sconsigliato per l’igiene delle mani e delle superfici sono le salviettine imbevute: queste sono infatti ritenute per lo più inutili in quanto non sempre contengono il tipo di disinfettante adatto a ottenere una corretta igienizzazione. Quando invece il disinfettante è presente, non è detto che sia in concentrazione adeguata. Inoltre, le salviettine si rivelano piuttosto dannose per l’ambiente (anche perché si tratta di prodotti monouso).

Infine, un ultimo consiglio riguarda l’utilizzo del sapone. Quando ci si lava le mani, infatti, si consiglia di fare uso sempre e solo di sapone liquido. Se da un lato, sapone liquido e sapone solido agiscono nello stesso modo una volta a contatto con la pelle, è pur vero che il sapone solido è meno igienico di quello liquido. Il sapone solido, infatti, viene maneggiato da chiunque; inoltre, nel portasapone è facile che germi e batteri possano proliferare e passino quindi nelle mani dell’utilizzatore.

Leggi anche: Mascherina per bocca: 3 caratteristiche indispensabili per le persone sorde

cosa sono i disinfettanti

Con il termine “disinfettanti” si indica un’ampia gamma di sostanze chimiche in grado di bloccare l’azione dei microrganismi. Questi prodotti possono, infatti, distruggere ed eliminare virus, batteri e altri elementi nocivi che si depositano su oggetti, ambienti e superfici. Una corretta disinfezione impedisce, quindi, il diffondersi della contaminazione e l’insorgere di infezioni tra gli individui. 

Non a caso, i disinfettanti trovano impiego in numerosi campi d’applicazione, da quello medico-ospedaliero all’industria alimentare. I disinfettanti vengono largamente utilizzati anche in casa, per garantire l’igiene e la salubrità dell’ambiente domestico, specie nei luoghi dove è più facile che si depositino i germi (ad esempio in bagno e in cucina).

Tali prodotti si distinguono dagli antibiotici, che combattono solo virus e batteri presenti nell’organismo vivente, dagli antisettici e dai biocidi, che con la loro azione sono in grado di eliminare tutte le forme di vita e non solo i germi.

La disinfezione può essere ottenuta non solo tramite l’uso di prodotti chimici ma anche mediante l’utilizzo del calore e di raggi ultravioletti. In questa guida ci soffermiamo però sui prodotti chimici, spiegando cosa sono i disinfettanti e come agiscono contro i microrganismi nocivi.

Cosa sono i disinfettanti e come agiscono

Come accennato, in commercio esistono diversi tipi di sostanze atte alla disinfezione di ambienti e superfici. Il meccanismo che le accomuna e che permette loro di avere la meglio sui microrganismi nocivi è sempre lo stesso: i disinfettanti agiscono, infatti, per ossidazione delle cellule di germi e batteri. In pratica, il funzionamento di questi prodotti prevede o la distruzione della parete cellulare dei microrganismi dannosi o un intervento sul loro metabolismo. 

Tuttavia, disinfettando non sempre è possibile eliminare tutti i microrganismi presenti: in particolare, esistono alcuni batteri talmente resistenti da riuscire a sopportare il prodotto chimico. Ecco perché non esiste un unico disinfettante adatto a tutte le occasioni ma occorre di volta in volta scegliere quello più appropriato alle necessità specifiche. Inoltre, mentre alcuni disinfettanti agiscono su determinati tipi di virus e batteri, altri sono in grado di agire contro più tipologie di microrganismi.

Vediamo quindi quali sono i fattori che incidono sulla scelta di un prodotto e quali sono i principali disinfettanti presenti sul mercato.

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come agiscono i disinfettanti

Come scegliere un disinfettante? 

Il primo fattore che deve incidere sulla scelta del disinfettante da utilizzare è il tipo di oggetto o superficie che necessita di disinfezione. Un conto è dover disinfettare un banale graffio sulla pelle, un’altra questione è dover sterilizzare gli strumenti da utilizzare in sala operatoria. 

In alcuni casi, come ad esempio in ambito medico, è necessario, infatti, ottenere una disinfezione totale, ossia usare prodotti in grado di eliminare tutti i germi presenti. In altri casi, invece, si può ricorrere a sostanze in grado di eliminare anche solo una parte dei microrganismi presenti o di ridurne la carica microbica.

Ma non è finita qui. Prima di acquistare un disinfettante, bisogna, infatti, considerare anche il grado di concentrazione del prodotto, tenendo presente che maggiore è la concentrazione e maggiore sarà l’efficacia, così come maggiori saranno anche le sue capacità corrosive (e dunque occorrerà maneggiarlo facendo molta attenzione). 

Il disinfettante va scelto anche in base al PH della destinazione di utilizzo, così come in base alla temperatura con la quale dovrà agire. Vista la complessità dell’argomento e la pluralità di fattori che sottostanno alla scelta del disinfettante è sempre preferibile leggere l’etichetta riportata sulla confezione del prodotto.

Principali tipi di disinfettanti

Adesso che abbiamo capito cosa sono i disinfettanti e come agiscono contro i germi, vediamo quali sono i principali prodotti presenti sul mercato. 

Innanzitutto, tra i prodotti più comuni ci sono quelli a base di alcol etilico. Facilmente reperibili anche al supermercato a costi contenuti, questi sono impiegati per lo più per disinfettare oggetti e ambienti (non ospedalieri) e per la cute integra. La concentrazione dell’alcol in questi prodotti arriva fino al 75%.

Seguono i prodotti a base di ipoclorito di sodio, come la classica candeggina o la varichina, che agiscono con efficacia contro germi, virus e batteri anche quando non eccessivamente concentrati.
Occorre prestare particolare attenzione all’utilizzo di questi prodotti, in quanto possono rivelarsi molto pericolosi a contatto con la pelle, gli occhi o le mucose. Se la concentrazione supera il 10% questi disinfettanti diventano altamente corrosivi e vanno maneggiati facendo ancora più attenzione.

I disinfettanti a base di acqua ossigenata sono presenti in commercio in forma diluita e a bassi livelli di concentrazione (fino al 12%). In questi casi, vengono usati soprattutto in ambito domestico, ad esempio per disinfettare le ferite sulla pelle, o nella cosmesi professionale.
Ad alte concentrazioni (fino al 35%), l’acqua ossigenata diventa molto corrosiva, per cui occorre usarla con estrema cura.

principali tipi di disinfettanti

Esistono poi i composti d’ammonio quaternario (QUATs), largamente impiegati nel settore alimentare e per la disinfezione di ambienti come le mense. In commercio si trovano soprattutto prodotti a basse concentrazioni; quando utilizzati a concentrazioni elevate bisogna assolutamente evitare che vengano a contatto con la pelle e gli occhi. Questi prodotti sono in grado di distruggere i batteri, molti virus ma non le spore.

Infine, esistono i disinfettanti a base di ossido di etilene, impiegati soprattutto in ambito medico, chirurgico e farmaceutico grazie all’elevata capacità di eliminare funghi, virus, spore e batteri. Non a caso, con questi prodotti vengono sterilizzati gli strumenti usati in sala operatoria e i contenitori per i farmaci. Inoltre, trattandosi di prodotti altamente infiammabili, vanno adoperati solo dagli operatori del settore.

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mascherina per bocca

Con l’inizio del mese di maggio siamo entrati nella tanto attesa fase due della pandemia da Covid-19. Tra le novità più discusse apportate da questa nuova fase vi è stata l’introduzione dell’obbligo di indossare le mascherine in tutte quelle situazioni in cui non è possibile mantenere la distanza sociale raccomandata dalle autorità sanitarie. La maggior parte di queste situazioni si concentra, per ovvi motivi, nei luoghi chiusi in cui il rischio di assembramento tra le persone è più alto.

Come capita con qualsiasi nuova abitudine, l’obbligo della mascherina ha notevolmente impensierito un po’ tutti. C’è qualcuno, però, che ha qualche motivo in più rispetto agli altri per guardare al nuovo provvedimento con una certa preoccupazione: in particolare, parliamo degli enti, le istituzioni e le associazioni che si occupano dei diritti delle persone con sordità, nonché i diretti interessati.

Per tutte queste persone, infatti, i dispositivi medici o di protezione individuale che coprono la bocca per limitare la diffusione dei virus rendono impossibile la lettura del labiale e la comunicazione. E purtroppo, la triste conseguenza dell’impossibilità a comunicare è molto spesso l’esclusione sociale.

Ecco perché, negli ultimi mesi, si è fatta sempre più forte la richiesta di introdurre nel mercato nuovi modelli di mascherina per bocca che potessero adattarsi alle esigenze comunicative degli audiolesi

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mascherina per bocca per sordi

Mascherina per bocca e sordità

I numeri parlano chiaro: secondo gli ultimi dati, in Italia nascono ogni anno più di 2.000 bambini con seri problemi di udito. Bambini che, si presume, una volta adulti useranno la lingua dei segni ma anche la lettura del labiale per comunicare con gli altri.

Numeri così importanti impongono una certa considerazione anche in fase di pandemia. Ed è per questo motivo che, persino prima che le mascherine diventassero obbligatorie con la fase due, in tanti si sono mossi in difesa delle persone sorde e hanno iniziato a chiedere a gran voce l’immissione sul mercato di mascherine adeguate ai bisogni degli audiolesi.

Una prima risposta a questa esigenza è arrivata da una studentessa americana che ha avviato la produzione di mascherine trasparenti proprio con l’obiettivo di agevolare le persone sorde. Dispositivi di questo tipo sono indispensabili in tantissime situazioni della vita quotidiana: si pensi alle difficoltà che un audioleso può incontrare anche semplicemente andando a fare la spesa e non riuscendo a capire cosa un commesso potrebbe volergli dire.

In casi come questo, chiedere a qualcuno di abbassare la mascherina per poter leggere il labiale diventerebbe oltretutto pericoloso, in quanto si rischierebbe la diffusione del virus e il contagio. 

Proprio per questo motivo, seguendo l’esempio della giovane americana, sono tante le cooperative e le aziende che qui da noi, da Nord a Sud, hanno accolto la richiesta e hanno avviato, dapprima artigianalmente e poi, via via, in modo sempre più strutturato e sistematico, la produzione di modelli di mascherina per bocca adatti alle esigenze di chi deve leggere il labiale.

3 caratteristiche che una mascherina per bocca deve avere

Quali sono le caratteristiche imprescindibili che una mascherina per bocca destinata alle persone sorde deve possedere?

Innanzitutto, affinché la comunicazione possa avvenire in modo corretto è fondamentale che la mascherina sia trasparente. Le mascherine per sordi ideate in America e che molte aziende nostrane stanno replicando possiedono, infatti, la parte anteriore in materiale trasparente (principalmente plastica) che permette di osservare la bocca di chi ci sta parlando. In questo modo, per un individuo audioleso è facile poter leggere il labiale del suo interlocutore e interagire con lui.

In secondo luogo, poi, una mascherina per sordi deve essere in qualche modo traspirante. Questo per evitare che si crei un fastidioso “effetto appannamento” che, rendendo difficoltosa la lettura del labiale, potrebbe compromettere la comunicazione. I normali dispositivi di protezione individuale che tutti abbiamo imparato a conoscere in occasione dell’emergenza Covid-19, sono dotati, in alcuni casi, di una valvola di espirazione. Questa, favorendo la fuoriuscita del fiato dalla maschera, evita che si creino sia la condensa all’interno e sia il fastidioso appannamento degli occhiali del portatore. La valvola migliora infatti sia la qualità della respirazione e sia il comfort del portatore.
Una soluzione come questa eviterebbe anche l’appannamento della parte in plastica delle mascherine per bocca destinate alle persone sorde.

mascherina per bocca trasparente

Ancora, pur essendo realizzata con accortezze e materiali diversi dagli altri dispositivi, è importante che anche una mascherina per bocca trasparente sia assolutamente sicura e certificata secondo standard rigorosi e precisi, come avviene per gli altri dispositivi. In questo modo, si è certi di avere in mano un prodotto che, non solo garantisce uno scambio comunicativo efficace, ma assicura anche la difesa della salute sia di chi la indossa e sia di chi gli sta vicino. Inoltre, sarebbe il caso che le mascherine di questo tipo non venissero penalizzate da un costo superiore a quello degli altri modelli presenti sul mercato. 

Infine, è assodato che anche per questi tipi di mascherina per bocca, seppure siano destinati a un target specifico e più limitato di utenti, rimangono valide anche tutte le altre caratteristiche e funzionalità garantite dai modelli più diffusi.

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mascherina per allergia

L’inizio della tanto attesa fase 2, che è cominciata nei primi giorni di maggio coincidendo, quindi, con il periodo di maggiore concentrazione dei pollini nell’aria, ha destato non poche preoccupazioni nelle persone allergiche. In particolare, i timori hanno riguardato soprattutto l’utilizzo delle mascherine, ormai divenuto obbligatorio.

A queste preoccupazioni, l’Aaiito (l’Associazione allergologi immunologi territoriali e ospedalieri) ha posto fine, tranquillizzando sul fatto che indossare una mascherina sul viso non comporta un peggioramento della capacità respiratoria ma, anzi, può contribuire a tener lontani dall’apparato respiratorio pollini e pulviscoli. Secondo gli esperti, infatti, le particelle presenti nell’aria che causano la fastidiosa allergia sono infatti fino a 1000 volte più grandi del Coronavirus.

Pertanto, una semplice mascherina chirurgica potrebbe anche bastare a far da barriera all’ingresso di questi pollini nelle vie aeree dell’individuo, purché certificata. In questo modo, per gli esperti è auspicabile una riduzione della fastidiosa sintomatologia. 
Vediamo quali caratteristiche deve avere un’efficace mascherina per l’allergia.

mascherina per allergia efficace

L’importanza della mascherina per l’allergia

L’importanza di indossare una mascherina da parte delle persone allergiche, però, non si limita solo al supporto fornito a queste ultime dall’utilizzo del dispositivo. Sappiamo, infatti, che le allergie ai pollini primaverili si manifestano principalmente con tosse e starnuti. E sappiamo anche che proprio tosse e starnuti sono i veicoli più pericolosi per la trasmissione dei virus e la sua diffusione nell’aria. 

Pertanto, le persone allergiche che possono aver contratto il virus senza saperlo perché asintomatiche, indossando una mascherina possono contribuire a proteggere gli altri. In questo caso, l’utilizzo di una mascherina chirurgica può sicuramente tornare utile.

Chiaramente, oltre all’uso delle maschere, per il trattamento delle allergie si consiglia di affidarsi al parere del medico che prescriverà la terapia antistaminica più indicata per ridurre i fastidiosi sintomi e migliorare il benessere della persona durante i mesi primaverili.

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Perché usare la mascherina per l’allergia

Gli esperti ci dicono che, nonostante il nostro apparato respiratorio riesca in qualche modo a fare da filtro all’ingresso di agenti nocivi come lo smog o gli allergeni tipici della primavera, tuttavia, quando la concentrazione di queste sostanze è troppo elevata, l’organismo potrebbe avere bisogno di un aiuto. Gli scienziati sostengono quindi l’idea di applicare un filtro aggiuntivo come, appunto, quello di un dispositivo di protezione individuale con elevata capacità filtrante. 

A differenza delle mascherine chirurgiche, che servono essenzialmente a evitare che gli schizzi di tosse e starnuti derivanti da chi le indossa si propaghino nell’aria contaminando gli altri e l’ambiente circostante, i DPI, invece, proteggono proprio chi li indossa. E, soprattutto, sono in grado di ridurre la penetrazione nelle vie aeree di agenti inquinanti, patogeni o allergeni di dimensioni anche infinitesimali. Vediamo quindi qual è la mascherina per allergia più efficace in questo periodo.

Mascherina per allergia più efficace 

In molti sostengono che le mascherine più indicate per le persone allergiche siano i dispositivi di protezione individuali (o maschere filtranti) di tipo FFP2.
Come tutti i DPI, anche le maschere FFP2 sono certificate secondo la norma tecnica EN 149 che stabilisce i criteri e gli standard qualitativi che questi prodotti devono soddisfare per poter essere immessi sul mercato.

In particolare, la capacità filtrante dei modelli di mascherine FFP2 arriva al 95%: questi possono, infatti, bloccare l’accesso alle vie respiratorie dell’individuo da parte di polveri, agenti patogeni, smog e virus di dimensioni fino a 0,6 micron (i pollini, invece, di solito hanno dimensioni comprese tra 1 e 15 micron). Non a caso, queste maschere trovano impiego anche in alcuni settori professionali come l’edilizia.

Chi necessita di una mascherina per allergia ancora più efficace e protettiva deve ricorrere alle masherine FFP3. Questi possiedono una capacità filtrante fino al 98% e consentono una difesa pressoché totale anche da sostanze nocive come l’amianto e il piombo. Non a caso, i dispositivi FFP3 vengono utilizzati da chi lavora nell’industria pesante.

Inoltre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato l’utilizzo delle maschere FFP2 e FFP3 al personale sanitario impegnato nella lotta contro il Coronavirus nei reparti ospedalieri dedicati. Questi prodotti sono infatti adatti a chi è fortemente esposto al contatto con il virus. 

perchè usare mascherina per allergia

Mascherina per allergia: consigli per l’utilizzo 

Chi teme un peggioramento della propria capacità respiratoria indossando un DPI, può optare per un modello con valvola di espirazione. Questa, infatti, permettendo la fuoriuscita del fiato dalla maschera, evita che si formi la condensa all’interno e agevola la respirazione e il comfort della persona. È importante, però, che a indossare una maschera con valvola non sia un individuo positivo o infetto dal virus, perché altrimenti rischierebbe di diffonderlo ulteriormente e contagiare gli altri.

Nell’ottica di limitare la trasmissione del Coronavirus e di proteggere al meglio se stessi, bisogna ricordare alcune regole fondamentali di utilizzo, come:

  • Rispettare la durata della mascherina (i DPI solitamente garantiscono un funzionamento di otto ore) e non andare oltre il tempo consentito.
  • Gettare le mascherine monouso dopo averle rimosse dal viso anche se sono state utilizzate per un tempo più breve di quello consentito.
  • Lavare con cura con acqua e sapone le mani prima di maneggiare i DPI e dopo averli rimossi.
  • Non scambiare la propria mascherina con quella di qualcun altro.

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mascherina occhi

Alcuni studi condotti nelle scorse settimane a seguito dell’esplosione dell’emergenza Covid-19, hanno messo in evidenza la presenza del virus nelle lacrime di alcuni pazienti esaminati. Ancora prima, però, un medico cinese aveva individuato la “congiuntivite da Coronavirus”, i cui sintomi erano molto simili alla congiuntivite classica che tutti conosciamo.

Si è quindi dedotto che, oltre che attraverso il naso e la bocca, l’infezione possa diffondersi anche tramite gli occhi. Pertanto, questi andrebbero adeguatamente preservati. Gli esperti hanno infatti sostenuto con insistenza la necessità, per la popolazione, di indossare quotidianamente gli occhiali o una mascherina per proteggere gli occhi dal rischio di contagio.

In effetti, il personale sanitario impiegato nei reparti Covid, quindi sottoposto ad alti livelli di esposizione e di rischio di contrarre il virus, è tenuto a indossare dei dispositivi di protezione individuale (DPI) fatti apposta per evitare che gli occhi diventino la porta di ingresso della malattia.

Vediamo quali sono le principali tipologie di questi DPI e quali sono le misure da prendere per proteggersi.

Come proteggere gli occhi

Nel mondo professionale, i modi per preservare gli occhi e la vista sono ben noti già da molto tempo prima che esplodesse la pandemia da Covid-19.

In alcuni ambiti lavorativi, infatti, gli occhi vanno protetti da numerosi rischi: primo fra tutti, il rischio ottico, legato alla presenza di luci o radiazioni fortemente nocive che possono arrivare a compromettere la vista o a lesionare l’occhio.

Esistono poi i rischi legati alla presenza di polveri, materiali pericolosi e particelle che possono raggiungere l’occhio in velocità, e al contatto con preparati chimici e soluzioni corrosive.

Infine, vi è il pericolo legato alle temperature troppo basse o al calore troppo elevato. In tutti questi casi, per evitare che la vista del lavoratore venga seriamente compromessa, è possibile indossare dei dispositivi di protezione individuale.

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mascherina per protezione occhi

Mascherina e DPI per gli occhi

Non è semplice scegliere il tipo di DPI che serve a proteggere la vista durante un’attività specifica. I fattori da considerare nella scelta sono tanti, primo fra tutti il mantenimento corretto del campo visivo e la libertà di movimento che il dispositivo deve assicurare al lavoratore.

Oltre al fattore “comfort”, però, bisogna verificare che il dispositivo scelto preveda la possibilità di essere regolato sul viso dell’utilizzatore. O, ancora, che sia dotato di lenti che non si appannino, che abbiano ricevuto il trattamento antigraffio e che facciano da schermo contro i raggi ultravioletti.

I dispositivi di protezione individuale per gli occhi si dividono principalmente in tre categorie: gli occhiali, le maschere e gli schermi.

Partiamo dai primi: composti da montatura e lenti che rendono disponibile l’intero campo visivo, gli occhiali di protezione sono chiusi lateralmente per evitare il passaggio di sostanze nocive negli occhi del lavoratore. Questi strumenti devono ovviamente essere in grado di resistere a tutte le condizioni ambientali e a tutte le temperature senza deformarsi in alcun modo. 

Le maschere sono delle vere e proprie visiere che vengono fissate al capo e proteggono tutto il viso in lunghezza ma non lateralmente.

Gli schermi facciali servono a proteggere il viso, gli occhi e il collo dall’arrivo di schegge o schizzi di sostanze nocive. Vengono sempre fissati dall’alto (ad esempio sull’elmo protettivo) ma, fatta eccezione per alcuni modelli, non prevedono una chiusura totale. Alcune tipi di schermo prevedono la presenza, all’interno, di una lastra filtrante per garantire ulteriore protezione. 

Occorre ricordare che questi dispositivi non sono utilizzati solo nel campo dell’industria pesante ma anche in ambito medico, ad esempio nei reparti Covid degli ospedali.

Occhi e Coronavirus: alcune norme da seguire

I dispositivi di protezione individuale utili a proteggere il viso e gli occhi non possono essere maneggiati da chiunque ma solo da mani esperte e dal personale impiegato in alcuni settori specifici.

E il resto della popolazione quali accorgimenti può mettere in atto per proteggere gli occhi dal contagio del Coronavirus, visto che è assodato che questo non venga diffuso solo attraverso naso e bocca?

come proteggere occhi

Ecco alcune semplici regole da seguire per tutelarsi:

  • Innanzitutto, bisogna assolutamente evitare di toccarsi gli occhi (e in generale il viso) con le mani sporche, specie quando si è fuori casa.
  • Chi porta le lenti a contatto deve prestare particolare attenzione sia all’igiene delle mani (e quindi lavarle con cura prima di indossare le lenti) e sia alla pulizia delle lenti stesse prima che vengano indossate. L’ideale, in questa fase, sarebbe utilizzare solo lenti a contatto giornaliere per limitare le occasioni di contagio.
  • Chi indossa le lenti, quando si trova fuori casa può utilizzare anche gli occhiali da sole per fornire agli occhi un ulteriore schermo protettivo (anche se si tratta di una protezione molto blanda, considerato che, a differenza di una mascherina per occhi, le normali montature per occhiali presentano delle aperture laterali).
  • Infine, dato che tendiamo molto a toccare gli occhiali (da sole e da vista) che portiamo sul viso, occorrerebbe quotidianamente disinfettare le lenti, facendo attenzione a scegliere dei prodotti per la pulizia pensati apposta per non rovinarle.

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mascherine chirurgiche ufficio

La fase due, entrata in vigore nei primi giorni di maggio, ha reso ufficiale l’obbligo per la popolazione di indossare le mascherine per il contenimento della diffusione del Coronavirus.

In particolare, le mascherine vanno indossate nei luoghi chiusi (uffici, aziende, negozi, mezzi di trasporto e così via) e all’aperto, quando non è possibile rispettare la distanza sociale raccomandata dalle autorità sanitarie.

Le mascherine divenute obbligatorie sono quelle chirurgiche, ossia i dispositivi medici certificati dalla norma UNI EN ISO 14683-2019 che impediscono l’eventuale fuoriuscita di virus e batteri dalle vie aeree del portatore. Si è parlato tanto anche delle cosiddette “mascherine di comunità”, ossia di prodotti lavabili, realizzati in casa e composti da più strati di materiali in grado di far da barriera per le vie aeree.

Questi modelli possono rappresentare una soluzione provvisoria e di fortuna in mancanza di altro, ma la loro efficacia non va confusa con quella delle mascherine chirurgiche e né, tantomeno, con quella dei DPI.

Vediamo quindi quali sono le principali caratteristiche delle mascherine chirurgiche e quali accortezze devono essere prese dai lavoratori che le utilizzano.

Mascherine chirurgiche: fase 2 e uso negli uffici

Secondo il documento ufficiale dell’Inail, le mascherine vanno indossate per limitare la diffusione del virus nei luoghi di lavoro. Il loro utilizzo è, pertanto, obbligatorio. Le principali attenzioni sono rivolte in particolar modo a tutte quelle situazioni in cui i lavoratori condividono degli spazi comuni. In questi casi, oltre alla mascherina e a un’adeguata sanificazione degli ambienti, è fondamentale anche mantenere il distanziamento sociale.

In particolare, vediamo come funzionano le mascherine chirurgiche e a quali norme devono attenersi i dipendenti in ufficio.

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uso delle mascherine chirurgiche negli uffici

Caratteristiche delle mascherine chirurgiche

Come già accennato, le mascherine chirurgiche sono comunemente utilizzate in ambito sanitario da medici e dentisti per proteggere da un’eventuale contaminazione i pazienti e gli ambienti sterili. Sono quindi pensate per fare da barriera alle goccioline di saliva ed evitare quindi che il portatore della maschera possa trasmettere i virus all’esterno.

Virus come i Coronavirus possono infatti essere diffusi tramite tosse e starnuti: in questi casi, le goccioline di saliva possono coprire fino ai quattro metri di distanza. 

Le mascherine chirurgiche sono composte da tre o quattro strati di tessuto non tessuto (si tratta soprattutto di poliestere o polipropilene). La norma che ne regola la produzione, ossia la EN 14683, stabilisce anche i livelli di efficacia e di filtrazione batterica di questi prodotti. In base a questo, le mascherine si classificano in tipo I, tipo II, tipo IR e tipo IIR.

Se da un lato, le mascherine chirurgiche possiedono una capacità filtrante verso l’esterno quasi totale, dall’altro possono fornire solo una blanda protezione verso l’interno: chi intende proteggere se stesso dal rischio di contrarre un’infezione deve, pertanto, ricorrere ai dispositivi di protezione individuale (DPI).

Differenza tra mascherine chirurgiche e DPI

La principale differenza tra le mascherine chirurgiche e i DPI consiste quindi nel fatto che, mentre le prime proteggono l’ambiente circostante, i secondi proteggono invece chi li indossa.

Le maschere filtranti, o DPI, possiedono infatti una notevole capacità filtrante che permette loro di bloccare l’ingresso nelle vie aeree dell’individuo da parte di agenti patogeni e inquinanti di dimensioni molto piccole. In base alla loro efficacia, la normativa di riferimento classifica queste maschere in tre categorie: mascherine FFP1, mascherine FFP2 e FFP3. Le prime filtrano fino al 78% delle particelle nocive, le seconde fino al 92-95% e le mascherine FFP3, le più efficaci, fino al 98%. Non a caso, sono queste le mascherine indossate sia da chi lavora a contatto con materiali pericolosi come l’amianto e sia dal personale sanitario impegnato nei reparti Covid.

Accorgimenti per l’uso delle mascherine chirurgiche in ufficio

Le autorità sanitarie hanno molto insistito sin dall’inizio della pandemia: il solo uso della mascherina non è sufficiente a contenere la diffusione del virus. Occorre, infatti, fare propri determinati comportamenti e abitudini, fermo restando che bisogna anche utilizzare le mascherine chirurgiche in modo corretto, altrimenti potrebbero non apportare alcun beneficio.

Detto questo, quali sono gli accorgimenti da tener presente quando si lavora in ufficio? Ecco alcuni punti fondamentali da rispettare:

  • Prima di indossare la mascherina, occorre lavare le mani con cura, strofinandone per circa 40 secondi l’intera superficie con acqua e sapone o con una soluzione idroalcolica (ad esempio un gel igenizzante mani).
  • La mascherina va indossata prendendola dagli elastici e agganciandoli dietro le orecchie. 
  • Deve coprire mento, naso e bocca. Per fare in modo che aderisca bene al volto, occorre piegare il ferretto che si trova nella parte superiore della maschera sul profilo del naso.
  • Durante l’utilizzo non bisogna toccare la mascherina o toccarsi il viso.
  • Le mascherine chirurgiche sono monouso. La loro efficacia è garantita per circa 3 ore. Pertanto, per coprire un turno di lavoro di otto ore bisogna averne con sé almeno due.
  • Non appoggiare la mascherina sulla scrivania, sulla tastiera del computer o su altre superfici non disinfettate e che potrebbero essere contaminate.
  • Dopo aver rimosso il dispositivo dal viso occorre nuovamente lavare le mani con attenzione.
  • Dopo l’uso, le mascherine chirurgiche non vanno riciclate ma immediatamente gettate nel contenitore della raccolta indifferenziata.
  • Non indossare più maschere sovrapposte una sull’altra.
obbligo delle mascherine chirurgiche in ufficio

Infine, ricordiamo altre misure fondamentali per chi lavora in ufficio: innanzitutto, occorre evitare il più possibile gli assembramenti e fare in modo che le postazioni di lavoro degli impiegati siano a debita distanza l’una dall’altra. Bisogna poi ricordarsi di aprire spesso le finestre per far arieggiare i locali. 

Il datore di lavoro deve, poi, mettere a disposizione dei propri dipendenti delle soluzioni disinfettanti per l’igiene delle mani e provvedere a un’adeguata e periodica sanificazione degli ambienti e delle superfici.

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mascherine ffp2 caratteristiche e uso nei locali pubblici

Tra i provvedimenti stabiliti dal governo e dalle regioni per la riapertura al pubblico di attività come negozi, ristoranti e centri per il benessere della persona c’è quello che obbliga all’utilizzo della mascherina. L’obiettivo è quello di riuscire a evitare una nuova diffusione del Coronavirus ricorrendo a una misura che venga adottata dalla popolazione su una scala molto ampia.

Nello specifico, l’uso della mascherina è divenuto obbligatorio nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, su treni e mezzi di trasporto e, in generale, in tutte quelle situazioni in cui non è possibile mantenere la distanza sociale raccomandata dalle autorità sanitarie.

In generale, la popolazione può indossare le mascherine chirurgiche. Per i lavoratori a contatto con il pubblico, invece, in alcuni casi è preferibile l’uso di dispositivi di protezione individuale più complessi, come le mascherine FFP2. Vediamo quali sono le principali caratteristiche di questi modelli e quali sono i provvedimenti che i locali aperti al pubblico dovranno prendere.

Mascherine FFP2 e impiego nei locali pubblici

Nel mondo del lavoro, l’utilizzo della mascherina è divenuto obbligatorio per determinate categorie che possono risultare maggiormente esposte al rischio di contagio. Tra queste, oltre a medici, infermieri e impiegati del settore sanitario impegnati nella lotta al Covid-19, rientrano anche i lavoratori di aziende, fabbriche e uffici che non possono rispettare la distanza sociale tra le persone e tutti i dipendenti di locali aperti al pubblico (negozianti, ristoratori, parrucchieri, operatori del benessere, ecc.). In particolare, in negozi e locali aperti al pubblico, la mascherina sarà obbligatoria sia per il gestore e sia per i clienti. 

Rispetto alle classiche mascherine chirurgiche, che non proteggono chi le indossa ma evitano che nell’ambiente circostante si diffondano goccioline di saliva potenzialmente infette, le mascherine FFP2 permettono di proteggere le vie aeree dell’individuo dall’ingresso di virus e batteri. Pertanto, anche se nella maggior parte dei casi non è previsto l’obbligo di questi dispositivi, a tutti i lavoratori che devono trascorrere diverse ore a contatto con il pubblico si consiglia di preferirli rispetto le semplici mascherine chirurgiche.

Ci sono poi delle situazioni particolari, nelle quali le regioni hanno adottato provvedimenti più stringenti rispetto a quelli governativi. Ad esempio, per il personale attivo nel campo della ristorazione del Trentino Alto Adige è obbligatorio l’uso del dispositivo FFP2 senza valvola.

Quali sono le principali caratteristiche delle mascherine FFP2? Vediamolo nel prossimo paragrafo. 

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Mascherine FFP2 e impiego nei locali pubblici

Caratteristiche delle mascherine FFP2

Le mascherine FFP2 sono dispositivi di protezione individuale composti da strati di polipropilene o policarbonato. 

Come gli altri DPI, anche questi modelli devono sottostare agli standard tecnici molto rigorosi previsti dalla norma EN 149. Un dispositivo certificato secondo tale norma risulta sicuramente efficace, in quanto è stato realizzato secondo i criteri stabiliti dalle legge e ha superato tutti i testi del caso.

Tra le principali caratteristiche delle mascherine FFP3 vi è l’elevata capacità filtrante: questi DPI sono in grado di filtrare fino al 95% delle particelle nocive e degli agenti patogeni e inquinanti presenti nell’aria. Tali prodotti sono infatti pensati per essere destinati ad ambiti professionali come l’edilizia, la chimica ma anche la siderurgia, ossia tutti quei settori in cui il lavoratore può respirare diversi materiali nocivi per tante ore di fila.
 
Le mascherine FFP2 possono essere dotate di valvola di espirazione. Questa, permettendo la fuoriuscita del fiato e agevolando la respirazione, migliora il comfort del portatore. Inoltre, evita che all’interno della maschera si crei umidità e che gli occhiali dell’individuo possano appannarsi. 

Nella maggior parte dei casi, le maschere FFP2 sono monouso. Vanno quindi indossate solo una volta e mai riciclate per utilizzi successivi al primo. Nel mercato sono disponibili anche dei DPI riutilizzabili: si riconoscono dagli altri perchè riportano sulla confezione la sigla R.

In generale, i dispositivi di protezione individuale monouso sono efficaci per una durata di circa otto ore (quindi un classico turno di lavoro). Non vanno, però, assolutamente indossati se appaiono danneggiati o se sono stati a contatto con ambienti contaminati.

Altri provvedimenti previsti per i locali aperti al pubblico

Oltre all’uso obbligatorio delle mascherine, i locali aperti al pubblico devono assicurare il massimo rispetto di altre regole fondamentali. Gli esercizi che non si adeguano corrono il serio rischio di sanzioni molto alte, se non addirittura quello dell’interruzione e della chiusura dell’attività.

provvedimenti previsti per i locali aperti al pubblico

Ecco le principali misure da adottare:

  • Dovrà essere rispettata la distanza sociale di almeno un metro e mezzo tra le persone (i ristoranti dovranno rispettare tale distanza anche nella disposizione dei tavoli).
  • Gli ingressi dei clienti dovranno essere contingentati.
  • Deve essere prevista una sanificazione costante e a intervalli regolari degli ambienti e degli oggetti presenti nel locale.
  • Prodotti e gel disinfettante mani devono essere messi a disposizione della clientela. 
  • Per limitare i flussi di persone ed evitare che si formino file all’ingresso, molte attività dovranno prevedere l’accesso dei clienti tramite prenotazione.
  • Per alcune attività, oltre all’uso obbligatorio della mascherina è previsto anche quello dei guanti.

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mascherina per polveri

Chi è impiegato nel settore edile e in alcuni comparti dell’industria, così come chi per lavoro trascorre ogni giorno diverse ore nel traffico ed è costretto a respirare l’inquinamento delle nostre città, deve assolutamente proteggere le proprie vie respiratorie.

Polveri, ma anche fumi, aerosol, particolati e altre particelle dalle dimensioni molto sottili (anche i virus rientrano in questa categoria) possono, infatti, depositarsi facilmente nei polmoni e, a lungo andare, causare malattie anche molto gravi e, in alcuni casi, mortali.

Tuttavia, è sbagliato pensare che debbano proteggersi solo i lavoratori di settori specifici: quella di indossare adeguate mascherine antipolvere è, infatti, un’accortezza molto importante che è bene prendere anche quando si lavora solo saltuariamente con determinate sostanze, ad esempio quando ci si dedica al bricolage o al fai da te.

Ovviamente, i provvedimenti da adottare non sono sempre gli stessi, ma devono dipendere dal tipo di attività svolta e dalla durata dell’esposizione ai materiali nocivi.
Nello specifico, analizziamo i diversi tipi di mascherine anti polveri e il funzionamento che regola questi dispositivi.

Perché usare una mascherina per polveri

Una mascherina per polveri filtrante è in grado di difendere le vie aeree dell’individuo dall’ingresso di quelle sostanze molto nocive che non è raro dover utilizzare in alcuni reparti industriali, produttivi e nel settore delle costruzioni. Ci riferiamo, in particolare, all’utilizzo di metalli pesanti e materiali cancerogeni e addirittura radioattivi.

In realtà, però, la mascherina consente un’adeguata protezione anche nei confronti dello smog. Inoltre, il dispositivo funziona come strumento di difesa dagli odori fastidiosi tipici di alcuni ambienti di lavoro.

Quando si acquista una mascherina per polveri occorre ricordare alcune cose. Innanzitutto, è davvero importante che la scelta ricada sempre su dispositivi certificati secondo le norme previste e immessi sul mercato da aziende affidabili. 

Altra cosa da tenere a mente nella valutazione del dispositivo di protezione individuale più adatto alle proprie esigenze è il tipo di esposizione alle polveri per il quale la mascherina è certificata.

Infine, bisogna utilizzare sempre e solo prodotti integri, che non siano stati a contatto con superfici e oggetti contaminati, e vanno sostituiti non appena la loro capacità filtrante comincia a esaurirsi (in genere, la durata garantita per il funzionamento del dispositivo viene indicata nella confezione).

Vediamo adesso quali sono le mascherine più efficaci da indossare per difendersi dalle polveri.

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Perché usare una mascherina per polveri

Tre modelli di mascherina per polveri

La norma tecnica europea che regola la produzione e il funzionamento delle mascherine filtranti è la EN 149. La stessa norma suddivide tali dispositivi di protezione individuale in tre classi, a seconda della loro capacità filtrante: FFP1, FFP2 e FFP3 (dove la sigla FFP sta per “filtering face piece”, quindi maschera filtrante).

L’utilizzo di queste maschere è previsto e obbligatorio in tutti quegli ambienti e nei luoghi di lavoro nei quali viene superato il valore della concentrazione massima di polveri, fumo e particelle nocive nell’aria. 

In particolare, una mascherina per polveri FFP1 è in grado di proteggere le vie aeree dell’individuo da polveri, fumi e liquidi non tossici e possiede una capacità filtrante minima pari all’80%.

Invece, i modelli di maschere filtranti FFP2, molto usati nell’industria chimica, ma anche negli ambienti professionali in cui si utilizzano vernici, resine, pitture e alcuni metalli, possono filtrare fino al 94% minimo.

Infine, i dispositivi di protezione individuale più potenti, ossia i modelli di mascherine FFP3, proteggono le vie aeree dell’individuo con un’efficacia filtrante molto elevata, che raggiunge il 99% di capacità. Le maschere FFP3 sono infatti adatte a chi lavora a contatto con particelle molto sottili e pericolose come quelle dell’amianto o con i virus.

Non a caso, in occasione della pandemia da Covid-19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato l’utilizzo di mascherine FFP2 e FFP3 a medici, infermieri e in generale a tutto il personale sanitario impegnato ogni giorno nei reparti ospedalieri riservati ai pazienti positivi o infetti dal Coronavirus. L’utilizzo di questi dispositivi, infatti, ben si presta alla difesa dell’organismo di fronte a livelli molto alti di esposizione al virus.

Come usare una mascherina per polveri

È importante conoscere bene il funzionamento di queste maschere prima di indossarle: un utilizzo errato, o la mancanza di attenzione nel maneggiarle potrebbe infatti comprometterne l’efficacia e renderle inutili o, peggio ancora, dannose.

Come usare una mascherina per polveri

Pertanto, è importante tenere a mente quanto segue quando si sceglie un dispositivo di protezione individuale, qualunque sia il motivo della scelta:

  • La mascherina va sempre maneggiata con le mani pulite e deve evitare qualsiasi contatto con superfici e oggetti sporchi o contaminati.
  • Va indossata coprendo naso, bocca e mento e lasciando che aderisca ai contorni del viso. Pertanto, chi ha la barba, o chi ha il viso molto piccolo (come i bambini) potrebbe non riuscire a indossarla correttamente.
  • Per facilitare la respirazione, ad esempio nel caso di individui con patologie specifiche, è preferibile usare le maschere con valvola. L’importante è che le maschere dotate di valvola non vengano indossate da individui affetti da virus influenzali o trasmissibili attraverso le vie respiratorie (ad esempio il Covid-19).
  • Occorre assolutamente rispettare la durata garantita per il funzionamento della mascherina (di solito 8 ore circa) e indicata sulla confezione: trascorso questo tempo, il dispositivo va rimosso e sostituito con uno nuovo.
  • Se la mascherina è monouso va usata solo una volta e non deve essere riciclata per utilizzi successivi (anche nel caso in cui sia stata indossata solo per poco tempo).

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