MaskHaze: tutte le news su mascherine e igienizzanti

mascherine amianto ffp3

I dispositivi di protezione come le mascherine per l’amianto FFP3 sono in grado di proteggere chi li indossa dalle infezioni ma anche dall’inalazione di particelle, polveri molto sottili, fumi e agenti inquinanti come quelli tipici di alcuni settori industriali. Questo grazie alla loro capacità filtrante molto elevata.

Anche per questo motivo, devono essere conformi a una normativa molto rigorosa e rispondere a requisiti molto precisi per poter essere immessi sul mercato. 

In occasione della recente emergenza sanitaria, la loro efficacia nel proteggere dal terribile Coronavirus è stata ampiamente dimostrata. E proprio perché si tratta dei dispositivi di protezione individuale più potenti sono stati raccomandati al personale medico e infermieristico impegnato in prima linea nella lotta contro il virus. Di contro, in alcune situazioni della normale quotidianità, e in generale quando il rischio di contagio quasi non sussiste, l’uso di questi prodotti non è necessario.
Scopriamo quindi quando le mascherine per l’amianto FFP3 non vanno acquistate per proteggersi dal Coronavirus.

5 motivi per cui non usare le mascherine amianto FFP3 contro il Coronavirus

Le mascherine FFP3 sono pensate per proteggere le vie respiratorie di chi le indossa dall’ingresso di particelle tossiche anche molto piccole (fino ai 0,6 micron), aerosol, fumi, polveri sottili e, come ormai sappiamo, da virus come il Coronavirus. Da quando è iniziata la pandemia abbiamo imparato a conoscerle come dispositivi di protezione individuale importantissimi in ambito sanitario, eppure queste mascherine sono largamente impiegate anche in diversi ambiti industriali.

In particolare, le maschere FFP3 sono le soluzioni raccomandate per proteggere le vie aeree durante lo smaltimento dell’amianto, ma anche in settori come quello chimico, nucleare, siderurgico, ecc.

Data quindi l’importanza e la non sempre facile reperibilità di questi prodotti, ci sono alcune situazioni in cui è preferibile optare per altri dispositivi. Nello specifico, ecco 5 motivi per cui non acquistare le mascherine FFP3 per l’amianto per contrastare il Coronavirus.

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quando non usare le mascherine amianto ppf3

Vanno usate soprattutto in ambito sanitario 


Durante la pandemia da Covid-19, le autorità sanitarie hanno spesso raccomandato di acquistare le mascherine in base al rischio di contagio cui si è esposti.
In particolare, le mascherine FFP2 sono adatte per un’esposizione medio-bassa: sono pertanto efficaci per medici e infermieri che assistono pazienti positivi o potenziali tali. Le mascherine FFP3, invece, sono indicate per livelli di esposizione più alti, per cui vanno indossate dal personale sanitario che assiste soggetti infetti sui quali deve effettuare manovre delicate come l’intubazione e la broncoaspirazione. In queste situazioni di emergenza, oltre alle mascherine FFP3, medici e infermieri devono indossare anche altri dispositivi di protezione (ad esempio, tute, guanti e occhiali).
Chi non è esposto a rischio di contagio può invece optare per le comuni mascherine chirurgiche. Anche le persone positive o potenziali tali sono tenute a indossarle, in quanto questi dispositivi medici sono pensati per proteggere non chi li indossa ma gli altri.

Vanno indossate correttamente


I dispositivi di protezione individuale come le mascherine per l’amianto FFP3 funzionano solo quando vengono indossati e utilizzati nel modo corretto. Questo, proprio in virtù della loro potenza ma anche della delicatezza di questi prodotti.
Per essere indossati come si deve, occorre che coprano mento, naso e bocca e, soprattutto, che aderiscano perfettamente al viso. Non devono quindi essere lasciate fessure aperte al passaggio dell’aria. Pertanto, gli uomini con la barba (anche non eccessivamente lunga) è bene che scelgano la protezione di un altro tipo di dispositivo.

Rendono la respirazione più difficoltosa


Rispetto alle classiche mascherine chirurgiche, i dispositivi di protezione come le mascherine per l’amianto FFP3 sono più pesanti e coprenti. Hanno quindi una maggiore resistenza respiratoria e, se usate a lungo, possono causare affaticamento. Ovviamente, il senso di fatica dipende anche dalla temperatura dell’ambiente in cui ci si trova e dal tipo di attività svolta. Però, in generale, è bene non indossare questo tipo di maschere per più di alcune ore di fila o, comunque, organizzarsi per poter fare delle pause o per usufruire di una ventilazione adeguata. 

Per lo stesso motivo, se ne sconsiglia l’uso a individui cardiopatici o con problemi respiratori, agli anziani e ai bambini. In questi casi, infatti, l’utilizzo della maschera rischia di diventare più controproducente che altro.
È inoltre opportuno che questi prodotti vengano indossati solo da chi è preparato al loro utilizzo e li sa maneggiare correttamente.

No alla valvola di espirazione


Il quarto motivo per cui è meglio non acquistare le mascherine FFP3 è la valvola di espirazione. Questa serve a rendere più agevole la respirazione di chi indossa la mascherina, in quanto evita spiacevoli inconvenienti come la formazione della condensa all’interno e l’appannamento degli occhiali. Tuttavia, proprio perché la valvola permette al fiato di uscire fuori, è assolutamente sconsigliato l’utilizzo di questi dispositivi da parte di soggetti malati o infetti. Il virus potrebbe, infatti, diffondersi tramite le goccioline di saliva che potrebbero uscire dalla maschera.  

mascherine amianto

Il costo 

Essendo più potenti, certificate e avendo una capacità filtrante quasi assoluta, le mascherine FFP3 usate anche per l’amianto presentano un costo più alto rispetto alle mascherine mediche.
Inoltre, specie negli ultimi mesi, è capitato che non fossero sempre immediatamente disponibili presso farmacie e punti vendita autorizzati.

Pertanto, quando non strettamente necessario e in condizioni di relativa sicurezza, si consiglia di affidarsi tranquillamente alla protezione di altri dispositivi più semplici come le mascherine chirurgiche.

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mascherine antibatteriche

Durante l’emergenza sanitaria scatenata dalla diffusione del nuovo Covid-19 abbiamo capito che le mascherine, se usate in modo corretto e in associazione a determinati comportamenti virtuosi, possono rappresentare una soluzione valida per limitare i rischi di contagio.

Tuttavia, abbiamo anche imparato che non tutte le mascherine sono uguali nel contrastare la trasmissione dei virus e che dobbiamo distinguere tra dispositivi medici e dispositivi di protezione individuali.

La classica mascherina antibatterica, molto utilizzata ad esempio in presenza dei bambini, può considerarsi efficaci anche contro i virus? Se sì, quali sono le tipologie migliori cui fare affidamento? Facciamo chiarezza al riguardo nei prossimi paragrafi.

Mascherine antibatteriche e modelli efficaci contro i virus

La situazione critica che stiamo vivendo negli ultimi mesi, in cui è fondamentale riuscire a salvaguardare la salute di ogni singolo individuo per contrastare la diffusione del Coronavirus, ci impone alcune doverose considerazioni.

Le mascherine batteriche sono oggetti piuttosto comuni, e vengono ad esempio utilizzate spesso dalle mamme per proteggere i loro figli piccoli. La maggior parte di queste mascherine, però, non sono né dispositivi medici e né dispositivi di protezione individuale.

Possono essere realizzate con materiale antibatterico idrorepellente, traspirante e dimostrare una certa resistenza. Essendo spesso prodotti in tessuto, colorati e dallo stile giocoso proprio perché pensato per i bambini e la vita di tutti i giorni, sono spesso lavabili e quindi riutilizzabili. Tuttavia, non possiedono alcuna capacità filtrante.

È quindi importante specificare che questi oggetti non sono fatti per proteggere dalla trasmissione dei virus.

Per trovare delle mascherine antibatteriche che siano anche antivirus (e quindi efficaci contro il Coronavirus) bisogna guardare ad altri modelli. Vediamo quali.

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mascherine antibatteriche chirurgiche

Mascherine antibatteriche chirurgiche

Da alcuni mesi a questa parte, le mascherine chirurgiche sono diventate un oggetto fondamentale della nostra quotidianità. Un tempo eravamo abituati a vederle solo sul volto di medici e dentisti, oggi sono divenute obbligatorie per tutti nella stragrande maggioranza delle situazioni.
Si tratta di dispositivi medici che rispondono alla norma europea EN 14683 e che, per essere conformi, devono presentare il marchio CE.

Le mascherine chirurgiche sono composte da 3 o 4 strati di tessuto non tessuto e nascono per essere, appunto, impiegate in ambito sanitario. Servono a evitare che il medico o il dentista che visita o opera i pazienti possa trasmettere virus e batteri mediante microscopiche goccioline di saliva o altri fluidi biologici. Si tratta, quindi, di dispositivi pensati non per proteggere chi li indossa ma l’ambiente circostante.

Non possono essere definiti, quindi, dispositivi di protezione individuale. Oltretutto, queste mascherine non aderiscono perfettamente ai contorni del viso e lasciano quindi un certo spazio per il passaggio dell’aria (e dei microrganismi). Possono quindi rappresentare una protezione molto blanda nei confronti di particelle di dimensioni più grosse ma non possono garantire alcuna difesa nei confronti dei virus, che viaggiano in particelle di dimensioni infinitesimali.

Le mascherine chirurgiche si indossano facilmente fissando gli elastici alle orecchie o i lacci intorno alla testa e la loro durata, generalmente, è di poche ore. Dopo l’utilizzo vanno immediatamente gettate.
Pertanto, alla domanda se le mascherine antibatteriche chirurgiche sono efficaci anche contro i virus dobbiamo rispondere che, in questo caso, la protezione non è assicurata per tutti i motivi descritti in precedenza. 

Mascherine antibatteriche FFP2 e FFP3

Se come mascherina antibatterica scegliamo una maschera filtrante il discorso cambia notevolmente.

Le maschere filtranti FFP2 e FFP3 sono, infatti, dispositivi di protezione individuale (DPI) pensate per proteggere le vie aeree di chi le indossa. La loro produzione e i loro standard qualitativi sono regolati dalla norma tecnica EN 149, che prevede requisiti molto rigorosi. Tale norma classifica le mascherine filtranti in FFP1, FFP2 e FFP3, a seconda della loro potenza filtrante.

Quelle adatte a contrastare la diffusione del Coronavirus sono le mascherine FFP2 e le mascherine FFP3: le prime arrivano a filtrare fino al 92% delle particelle nocive, compresi agenti patogeni e inquinanti, le FFP3 invece possiedono un’efficienza filtrante del 98%.

Entrambe queste tipologie di mascherine sono raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle altre autorità del settore per proteggere il personale sanitario nella lotta contro il Covid-19. Il loro utilizzo deve dipendere dal tipo di esposizione al virus e dal livello di contagio cui ci si sottopone.

Ovviamente, come nel caso delle mascherine antibatteriche chirurgiche, anche queste maschere vanno accompagnate a norme igieniche e di comportamento molto rigorose, altrimenti rischiano di non riuscire a garantire la protezione promessa.

mascherine antibatteriche antivirus

Mascherine antibatteriche e utilizzo corretto

Ricordiamo che le mascherine antibatteriche di qualsiasi tipo sono efficaci solo se utilizzate nel modo giusto e accompagnate da determinate azioni.

Per cominciare, è fondamentale l’igiene delle mani: si tratta di una regola sempre valida che, nella lotta al Covid-19, ha assunto un’importanza ancora maggiore. Le mani vanno lavate strofinandole con estrema cura e usando acqua e sapone, oppure disinfettate con una soluzione idroalcolica o un gel igienizzante mani. Questa operazione va compiuta sempre prima di indossare una mascherina e dopo averla rimossa sul viso.

È inoltre importante non toccarsi il viso mentre indossiamo il dispositivo.

La mascherina non va mai conservata e destinata a un secondo utilizzo ma (a meno di specifiche particolari) va gettata immediatamente dopo la rimozione. Occorre poi rispettarne la durata, oltre la quale l’efficacia non è garantita.

Se la mascherina antibatterica appare sporca, bagnata o danneggiata non va mai indossata.
Infine, le autorità sanitarie ricordano di mantenere il più possibile la distanza di sicurezza di almeno un metro e mezzo dalle altre persone e di evitare il più possibile gli assembramenti.

Leggi anche: Mascherine antipolvere e DPI: le differenze

mascherine chirurgiche ristorazione

Tra i settori che più si sono ritrovati in ginocchio a causa del lockdown delle scorse settimane c’è quello della ristorazione. Un ambito lavorativo che in Italia impiega, secondo l’Istat, circa 1,2 milioni di lavoratori. Di questi, nel periodo di chiusura totale, ben 1,1 milioni sono stati sospesi e solo 108 mila sono rimasti attivi. Molti ristoratori sono riusciti ad andare in qualche modo avanti attivando il servizio a domicilio e, successivamente, la possibilità dell’asporto.

Con l’inizio della fase 2 e le progressive riaperture, l’Inail e l’Istituto Superiore della Sanità hanno fornito le linee guida per fare in modo che il settore ripartisse in tutta sicurezza tenendo soprattutto conto di tutte le misure necessarie da prendere per limitare il più possibile la diffusione dei contagi da Covid-19. 

Tra le linee guida, un posto d’onore è riservato all’utilizzo delle mascherine chirurgiche per preservare sia la salute degli impiegati e sia quella dei clienti che frequentano bar e ristoranti.

Mascherine chirurgiche e altre misure nel settore della ristorazione

Con la fase 2 della pandemia da Covid-19, l’uso delle mascherine chirurgiche è divenuto obbligatorio in qualsiasi ambiente (professionale e non) in cui non è possibile mantenere la distanza di almeno un metro dalle altre persone. A seconda del settore, poi, oltre alle mascherine è previsto l’impiego di altri dispositivi di protezione individuale (guanti, tute, ecc.).

Chi indossa le mascherine chirurgiche protegge gli altri da se stesso: questo tipo di mascherine, quindi, evita che le goccioline di saliva di chi potrebbe aver contratto il virus fuoriescano e contaminino l’ambiente circostante. Non sono in grado, però, di proteggere chi le indossa, in quanto non possiedono alcuna capacità filtrante.

Discorso diverso per le mascherine filtranti o DPI, che invece possiedono un filtro in grado di far da barriera a polveri, microrganismi inquinanti e patogeni anche molto piccoli, come i virus. Non a caso, questi DPI devono risultare conformi a una normativa molto precisa e rigorosa.

Inoltre, in virtù della loro efficacia, vengono impiegati nel settore medico sanitario così come in alcuni ambiti industriali che prevedono la lavorazione di sostanze inquinanti o altamente pericolose per la salute.
Rispetto a queste tipologie di maschere, quelle chirurgiche impiegate nel settore ristorativo offrono quindi una protezione piuttosto blanda.                                                                                                                          

Leggi anche: Mascherine antipolvere e DPI: le differenze

mascherine chirurgiche e ristorazione

Chi deve indossare le mascherine chirurgiche nella ristorazione? Le linee guida dell’Inail

Le linee guida fornite dall’Inail per la sicurezza nel settore della ristorazione prevedono l’adozione di norme igieniche molto precise nonché l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale come, appunto, le mascherine. Le linee guida valgono sia per il personale addetto alla cucina, sia per gli addetti ai tavoli e al ricevimento dei clienti e sia per chi si occupa dell’amministrazione. 

Il personale in cucina così come gli addetti ai tavoli devono indossare obbligatoriamente le mascherine chirurgiche per l’intero turno di lavoro e, se possibile, i guanti. Chi lavora alla cassa, oltre ad avere l’obbligo della mascherina, dovrebbe prevedere l’utilizzo di separatori di protezione in plexiglas.

Le altre misure di sicurezza previste dall’Inail riguardano, invece, la gestione della clientela. Ad esempio, per poter garantire la distanza di sicurezza, i tavoli dei ristoranti devono trovarsi a due metri l’uno dagli altri e devono rispettare il limite di capienza prestabilito.
Altre norme prevedono la ventilazione degli ambienti, l’utilizzo degli spazi esterni e il ricorso a menù monouso o a formati alternativi consultabili online o via app.

Consigli per l’utilizzo delle mascherine chirurgiche nella ristorazione

Quindi, nello specifico, come deve comportarsi chi lavora nella ristorazione durante la fase 2 (e probabilmente anche oltre)?

Innanzitutto, occorre diffidare dalla soluzioni fai da te: quindi, no a mascherine fatte in casa, in tessuto o carta e sì alle mascherine chirurgiche certificate e realizzate secondo le norme.

È bene tenere in considerazione la durata specifica delle mascherine e sostituirle non appena l’intervallo di tempo entro cui l’efficacia è garantita scade. A questo proposito, è opportuno sapere se si tratta di mascherine chirurgiche monouso (quindi usa e getta) o se possono essere riciclate per utilizzi successivi. L’indicazione che si tratti o meno di una mascherina riutilizzabile è presente sulla confezione.

Prima di indossare una mascherina occorre lavarsi con molta cura le mani usando acqua e sapone oppure un gel igienizzante mani. La mascherina va indossata coprendo naso e bocca e deve aderire perfettamente al volto. 

Chiaramente, se risulta sporca, bagnata o danneggiata non va indossata.

Infine, al momento di rimuoverle dal viso, le mascherine chirurgiche vanno prese dagli elastici e gettate nella raccolta indifferenziata. Occorre poi lavare e igienizzare nuovamente le mani.

È importante ricordare che, se non utilizzati correttamente, questi dispositivi possono diventare controproducenti se non addirittura pericolosi per la salute del lavoratore e dei clienti del ristorante.

uso mascherine nella ristorazione

L’uso dei guanti

Nel campo della ristorazione è molto importante anche l’uso dei guanti. Questi possono prevenire la diffusione di virus e batteri ma, come nel caso delle mascherine, solo se utilizzati in modo adeguato.

A proposito dei guanti, l’Istituto Superiore della Sanità interviene con delle misure ricordando innanzitutto che l’uso di questi prodotti non deve assolutamente rimpiazzare la corretta igiene delle mani. Vanno poi gettati e sostituiti con un paio nuovo tutte le volte che risultano sporchi o danneggiati; inoltre, quando si indossano i guanti non bisogna mai toccarsi il viso.

Anche i guanti sono prodotti monouso: pertanto, come nel caso delle mascherine chirurgiche, vanno gettati subito dopo il primo utilizzo e mai riciclati.

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mascherine antipolvere

Le mascherine antipolvere servono a proteggere le vie respiratorie da particelle e polveri nocive presenti nell’aria. Possono quindi tornare utili tanto a chi desidera proteggersi da smog e inquinamento urbano quanto a chi, invece, lavora a contatto con materiali potenzialmente dannosi per la salute. Pensiamo, ad esempio, ad alcuni ambiti lavorativi industriali o all’edilizia.

Quindi, fondamentalmente, la mascherina antipolvere è pensata per proteggere chi la indossa. Tuttavia, non tutte le mascherine sono uguali: i dispositivi di protezione individuale (DPI) come le maschere filtranti FFP1, FFP2 e FFP3 possono infatti fungere da mascherina antipolvere ma anche da maschera antivirus.

Lo stesso non si può dire per le semplici mascherine in carta o per le mascherine chirurgiche usate in ambito medico sanitario e ora sempre più diffuse a causa della pandemia da Covid-19.

Scopriamo perché e approfondiamo in cosa consistono le principali differenze tra le comuni mascherine che vengono impiegate per proteggersi dalla polvere e i DPI.

Differenze tra comuni mascherine antipolvere e DPI

Le mascherine antipolvere più semplici reperibili in commercio sono realizzate in carta. Rispetto ai DPI rappresentano un’alternativa molto più economica a fronte, però, di un livello di difesa imparagonabile.

Queste mascherine consentono, infatti, solo una blanda protezione contro le polveri più grossolane, quindi possono essere impiegate, ad esempio, durante le normali pulizie degli ambienti. Oppure, in luoghi dove si sono generate polveri da muri a secco o si lavora con mattoni, legno e fibra di vetro. Possono altresì fornire una leggera protezione contro la sabbia e i pollini più grossolani che viaggiano nell’aria nei mesi primaverili. 

Di sicuro, queste mascherine antipolvere non proteggono in alcun modo l’individuo dall’inalazione di sostanze tossiche come polveri sottili, fumi, gas e microrganismi patogeni. In questi casi, indossare quindi una semplice mascherina in carta pensando di ottenere una protezione adeguata significa mettere davvero a rischio la propria salute.

Chi intende, infatti, difendersi da sostanze come quelle appena citate, così come dai virus come l’attuale Coronavirus, deve ricorrere ai dispositivi di protezione individuale. Scopriamo perché.

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Differenze tra comuni mascherine antipolvere e DPI

DPI e normativa

Come le semplici mascherine antipolvere, anche i dispositivi di protezione individuale servono a proteggere le vie respiratorie di chi li indossa. Con una differenza notevole: i DPI, infatti, devono sottostare a una normativa tecnica molto rigorosa. In particolare, devono soddisfare i requisiti della norma europea EN 140, che ne stabilisce gli standard circa la produzione ma anche caratteristiche come la resistenza, la traspirabilità, ecc. L’indicazione della norma, così come il marchio CE devono essere riportati sulla confezione di ogni dispositivo a garanzia della sua conformità.

Inoltre, la norma EN 149 suddivide i dispositivi di protezione individuale in tre classi, a seconda della loro efficienza filtrante.

Capacità filtrante dei DPI

L’altra grande differenza tra le comuni mascherine antipolvere in carta e i dispositivi di protezione individuale è che questi sono dotati di capacità filtrante. Ossia, filtrano, e dunque bloccano il passaggio nelle vie aeree di polveri, microrganismi, fumi e particelle molto piccole che, se inalate, risulterebbero dannose per la salute dell’individuo.

In base alla loro potenza filtrante, questi DPI (altrimenti detti maschere respiratorie) si distinguono in FFP1, FFP2 e FFP3.

Le mascherine FFP1 hanno un’efficienza filtrante del 78% e una percentuale di fuoriuscita all’esterno del 25% massimo. Sono utilizzate per proteggersi da polveri e particelle non particolarmente tossiche, per cui si rivelano sufficienti in settori lavorativi come quello alimentare.

Le mascherine FFP2 hanno una capacità filtrante pari al 94% e una percentuale di fuoriuscita all’esterno intorno al 8%. Sono utilizzate in settori come quello farmaceutico, edile e agricolo per proteggere i lavoratori da particelle, polveri e fumi che a lungo andare possono rivelarsi molto dannose per la salute.

Attualmente, le mascherine FFP2 sono molto impiegate in ambito medico per contrastare la pandemia da Covid-19: il personale sanitario che lavora con un moderato rischio di contagio è tenuto a indossarle.

Le mascherine FFP3 possiedono invece una capacità filtrante del 99% e una percentuale di fuoriuscita verso l’esterno del 2%. Si tratta dei DPI più efficaci nella protezione delle vie respiratorie, in quanto possono trattenere particelle, sostanze e fumi altamente tossici. Possono quindi essere indossate in luoghi di lavoro dove la concentrazione di sostanze tossiche supera di addirittura 30 volte i valori consentiti.

Per lo stesso motivo, sono in grado di proteggere dall’attacco dei virus come il Coronavirus. Sono infatti ampiamente raccomandate al personale sanitario che opera ad alto rischio di contagio da Covid-19.

Mascherine antipolvere e mascherine chirurgiche

I DPI appena descritti si distinguono anche dalle classiche mascherine chirurgiche che tutti abbiamo imparato a conoscere. Le mascherine chirurgiche sono dispositivi medici pensate per proteggere i pazienti o l’ambiente sterile dell’ospedale da eventuali contaminazioni tramite saliva o starnuti.

Pertanto, non proteggono chi le indossa ma l’ambiente e le persone circostanti. Inoltre, non possiedono alcuna capacità filtrante: chi le indossa come fossero mascherine antipolvere deve quindi essere consapevole del basso livello di protezione che questi dispositivi garantiscono. 

Come i DPI, anche le mascherine chirurgiche devono presentare la marcatura CE e, in più, rispondere alla norma EN 14683.

Mascherine antipolvere e mascherine chirurgiche

Altri tipi di mascherine

A prova delle notevoli differenze tra i DPI e gli altri prodotti, il Ministero della Salute ci tiene a sottolineare che tutte le altre mascherine presenti in commercio (ad esempio quelle in tessuto o quelle in carta, come le classiche mascherine antipolvere) non possono essere considerate dispositivi per la protezione individuale dai virus. 

Non essendo, infatti, tenute a rispettare le norme tecniche previste non possiedono neanche i requisiti necessari, per cui non possono essere utilizzate in ambito sanitario.

Leggi anche: Mascherine ffp2 caratteristiche ed accorgimenti da adottare nel settore edile

Da quando è esplosa la pandemia da Covid-19 abbiamo imparato che le mascherine utilizzate per proteggersi dal contagio del virus non sono tutte uguali. E non tutte sono efficaci allo stesso modo.

Le mascherine chirurgiche, così come le mascherine antismog che vengono indossate per proteggersi dall’inquinamento urbano rientrano tra i prodotti meno adatti per contrastare la diffusione del virus. Possono, infatti, offrire una protezione solo parziale in quanto fanno da barriera al passaggio di smog e batteri ma non di microrganismi di dimensioni ancora più piccole come, appunto, i virus

Ecco perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le altre autorità competenti in ambito salute ci tengono a fare chiarezza sul tipo di dispositivi più adatti a ridurre il numero di contagi.

In particolare, vediamo perché le comuni mascherine antismog non sono efficaci contro i virus e quali prodotti sono invece da preferire.

Mascherine antismog e Coronavirus 

Le mascherine antismog sono usate da chi trascorre molto tempo nel traffico, rischiando quindi di inalare grandi quantità di polveri sottili, particolati e agenti inquinanti che a lungo andare possono causare danni all’apparato respiratorio.

Tuttavia, molto spesso, come mascherine antismog vengono impiegati dei prodotti che, se da un lato possono bloccare il passaggio nelle vie aeree di batteri e particelle di smog più grossolane, dall’altro lato non assicurano alcuna protezione contro i virus, che sono decisamente più piccoli. Parliamo infatti di microrganismi di dimensioni comprese tra 0,02 e 0,3 micrometri, che dunque arrivano a essere fino a dieci volte più piccoli dei batteri.

Nello specifico, vediamo quindi quali sono i modelli di mascherine antismog efficaci contro la trasmissione dei virus e quali, invece, non assicurano che una protezione molto blanda.

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mascherine antismog e coronavirus

Mascherine antismog non efficaci contro i virus

Nel folto gruppo dei prodotti che non garantiscono una protezione efficace contro i virus (e quindi anche contro il Coronavirus) rientrano le mascherine comuni usate contro la polvere, le mascherine antismog, le maschere in tessuto (soprattutto quelle fai da te) e persino le mascherine chirurgiche.

In particolare, le mascherine chirurgiche sono i dispositivi medici forniti gratuitamente dalle regioni alla popolazione e divenuti obbligatori durante la fase 2. Questi non permettono di proteggere se stessi dal contagio dei virus ma solo di evitare che chi è già malato contagi gli altri.

Non a caso, vengono impiegate dal personale medico e sanitario per evitare di contaminare un ambiente sterile (come la sala operatoria) o di infettare i pazienti durante le visite. Le mascherine chirurgiche possono infatti bloccare schizzi di saliva e starnuti nei quali sono potenzialmente presenti i virus.

Le mascherine antismog, così come le mascherine chirurgiche, non possiedono alcun sistema filtrante e questo è il principale motivo che le rende inefficaci nella protezione della persona dal contagio. Inoltre, una volta indossate, non aderiscono perfettamente al viso e rimangono quindi parzialmente aperte al passaggio dell’aria.

Mascherine antismog efficaci contro i virus

Se vogliamo indossare una mascherina antismog che si riveli efficace anche nel proteggerci dai virus dobbiamo scegliere un dispositivo di protezione individuale. In particolare, una mascherina FFP2 o FFP3.

Questi due tipi di dispositivi, infatti, possiedono una capacità filtrante che consente loro di bloccare rispettivamente fino al 95% e fino al 98% dei particolati, fumi nocivi, polveri sottili e agenti patogeni (quindi anche i virus) di dimensioni piccolissime, fino a 0,6 micron.

Proprio perché forniscono protezione anche nei confronti di particelle altamente pericolose come quelle dell’amianto, queste mascherine vengono impiegate in diversi ambiti lavorativi industriali. 

La loro efficacia è garantita dalla conformità ai requisiti piuttosto rigorosi previsti dalla norma tecnica UNI EN 149.

Come scegliere le mascherine antismog 

Ci sono quindi diversi fattori da considerare quando si desidera acquistare delle mascherine antismog che possano fornire protezione anche dai virus. Vediamo di ricapitolare quali sono.

Innanzitutto, dei prodotti veramente efficaci devono riportare il marchio CE e la sigla della norma tecnica europea EN 149 che stabilisce i criteri di realizzazione dei dispositivi stessi.

Un altro consiglio è quello di scegliere la mascherina più adatta alle proprie esigenze specifiche. I modelli FFP1 possono andare bene come mascherine antismog per chi trascorre non troppo tempo nel traffico urbano, ma le FFP2 e le FFP3 sono quelle che garantiscono anche protezione dai virus. In particolare, le mascherine FFP3 forniscono protezione anche contro alcuni materiali altamente tossici usati nell’industria. Molto, quindi, dipende dal tipo di esposizione alla quale ci si sottopone.

Come scegliere le mascherine antismog

Bisogna poi sapere che bambini, anziani e persone affette da problemi vascolari e respiratori sono i soggetti più sensibili nei confronti dell’inquinamento atmosferico: pertanto, è bene che indossino mascherine antismog efficaci per proteggersi se passano tanto tempo all’aria aperta. Lo stesso discorso vale per chi ama fare jogging o andare in bici in strade molto trafficate.

Infine, occorre ricordare che nessuna mascherina risulta efficace se danneggiata, contaminata o indossata in modo scorretto. Pertanto, prima di utilizzare un dispositivo di protezione individuale è opportuno leggere le istruzioni riportate dalla ditta produttrice e attenersi alle norme igieniche e di comportamento dettate dalle autorità in campo sanitario.

Leggi anche: Mascherine e Coronavirus: guida al corretto utilizzo

mascherine ffp2 caratteristiche

I dispositivi di protezione individuale che abbiamo imparato a conoscere durante l’emergenza sanitaria del Covid-19 non servono solo a proteggersi dai virus. Anzi, prima che esplodesse la pandemia, erano già ampiamente utilizzati in diversi settori come l’edilizia.

Questo perché, in determinati ambienti di lavoro, la presenza massiccia di polveri sottili e altri agenti inquinanti nell’aria rappresenta un rischio notevole per la salute degli impiegati. In questi casi, e specialmente nel settore edile, le maschere filtranti, come le mascherine FFP2, rappresentano una valida soluzione per proteggere le vie aeree di chi è esposto per tempi molto lunghi a questo tipo di sostanze. 

Tra le principali caratteristiche delle mascherine FFP2 (e in generale dei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie) vi è quella che, per essere efficaci, devono rispettare i requisiti previsti dalla norma UNI EN 149:2009.

Scopriamo quali sono le altre caratteristiche fondamentali e perché l’impiego di queste maschere è così importante in settori come quello edile.

Caratteristiche delle mascherine FFP2 per il settore edile

Un’esposizione prolungata a particolati, aerosol e altri agenti inquinanti può causare diverse patologie dell’apparato respiratorio anche molto gravi. Ecco perché in vari ambiti industriali e produttivi è richiesto ai lavoratori di indossare dei dispositivi di protezione individuale.

A seconda della loro capacità filtrante, la norma tecnica EN 149 suddivide i DPI in tre classi: FFP1, FFP2 e mascherine FFP3. Queste mascherine respiratorie servono a coprire naso e bocca proteggendo le vie aeree dall’ingresso di particelle di dimensioni anche molto piccole (fino ai 0,6 micron). 

Tali dispositivi diventano obbligatori nei luoghi di lavoro in cui viene superato il valore limite dell’esposizione occupazionale, ossia la concentrazione massima ammessa di sostanze nocive nell’aria. 

Vediamo adesso come sono fatte le mascherine FFP2 impiegate nell’edilizia e quali sono le principali caratteristiche.

Leggi anche: Mascherine e coronavirus: guida al corretto utilizzo

mascherine per edilizia

Caratteristiche delle mascherine FFP2

Le mascherine respiratorie FFP2 sono dispositivi composti da diversi strati di polipropilene o policarbonato che vengono uniti per conferire maggiore resistenza alla mascherina stessa. Si assicurano al viso mediante un elastico piuttosto spesso che viene saldato solidamente per evitare che si rompa.

Questi prodotti sono in grado di filtrare fino al 95% delle particelle nocive e degli agenti inquinanti presenti nell’aria di dimensioni fino ai 0,6 micron.

Vanno indossate in tutti quei luoghi di lavoro in cui la concentrazione di queste sostanze nell’aria diventa 10 volte superiore ai valori consentiti.

Per questo motivo, le mascherine FFP2 trovano largo impiego in settori come quello edile, ma anche nel minerario, nel tessile, nel farmaceutico, nell’industria del legno e nel siderurgico. Si tratta di ambiti in cui l’esposizione ai diversi materiali nocivi che vengono lavorati può, a lungo andare, causare malattie gravi come il tumore ai polmoni e la tubercolosi polmonare attiva.

Non a caso, il D.Lgs n. 475/1992 colloca le maschere filtranti (e dunque anche quelle di tipo FFP2) tra i DPI di terza categoria, ossia quelli in grado di proteggere da rischi molto gravi come quelli da danni permanenti, lesioni e, addirittura, morte. A tal proposito, si legge nel decreto che questi dispositivi di protezione respiratoria devono quindi poter filtrare aerosol solidi, liquidi, gas irritanti, pericolosi, tossici o radiotossici.

Infine, ricordiamo che, per disposizione delle autorità sanitarie e proprio in virtù della loro potenza filtrante, le mascherine FFP2 devono essere indossate anche dal personale medico che lavora a contatto con pazienti positivi e infetti dal Coronavirus in situazioni a rischio di contagio di livello medio.

L’importanza della valvola di espirazione nel settore edile

Tra le principali caratteristiche delle mascherine FFP2 impiegate nel settore edile vi è la presenza della valvola di espirazione.
Solitamente realizzata in polipropilene, la valvola è molto importante per migliorare il comfort e la respirazione di chi indossa la maschera.

Consentendo la fuoriuscita del fiato evita, infatti, la formazione di condensa all’interno del dispositivo. Il comfort è dato anche dal fatto che la valvola, se direzionata in modo opportuno, è in grado di evitare il fastidiosissimo appannamento degli occhiali del lavoratore.

In generale, il principale vantaggio legato alla presenza della valvola nelle mascherine FFP2 è quello di facilitare nettamente la respirazione abbattendo la sensazione di resistenza o respirazione difficoltosa.

mascherine FFP2 per edilizia

Quanto durano le mascherine FFP2?

Tra le principali caratteristiche delle mascherine FFP2 vi è il fatto che, come nella maggior parte dei casi, si tratta di dispositivi di protezione individuale monouso. Ciò significa che le mascherine vanno gettate dopo il primo utilizzo.

La durata dell’efficacia è garantita per alcune ore e solitamente arriva a coprire un turno di lavoro di otto ore. In tutti i casi, si raccomanda, però, di gettare la mascherina quando:

  • Si avverte una forte resistenza respiratoria, ciò vuol dire che il filtro è saturo e non è più in grado di garantire protezione dalle particelle nocive.
  • È stata a contatto con ambienti polverosi o superfici potenzialmente contaminate
  • È stata maneggiata con le mani sporche e non disinfettate
  • Risulta danneggiata

Tuttavia, in commercio esistono anche alcune mascherine FFP2 riutilizzabili: sono quelle che riportano, sulla confezione, la sigla R.

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mascherine coronavirus

Da quando in Italia è iniziata la fase 2 della pandemia da Covid-19, per disposizione delle autorità, le mascherine sono diventate obbligatorie nella stragrande maggioranza delle situazioni che passiamo fuori casa. Ormai, questi dispositivi rientrano a tutti gli effetti tra gli oggetti della nostra quotidianità e, con una certa sicurezza, possiamo affermare che lo saranno ancora per molto tempo.

Proprio per questo motivo, e per il fatto che rappresentano una soluzione efficace per proteggersi, occorre conoscerne bene il funzionamento. In questa guida su mascherine e Coronavirus illustriamo i diversi modelli in commercio, scopriamo quali sono quelli più efficaci per ridurre il rischio di contagio e diamo alcuni consigli per un utilizzo corretto.

Mascherine e Coronavirus

Nonostante la confusione iniziale, da quando è iniziata la pandemia da Covid-19 abbiamo imparato a distinguere le diverse tipologie di mascherine presenti in commercio. 

Quelle più comuni, che siamo abituati a vedere sul volto di medici, infermieri e dentisti, sono le mascherine chirurgiche, efficaci per proteggere gli altri ma non chi le indossa. Diverso è il caso dei dispositivi di protezione individuali FFP1, FFP2 e FFP3, usati soprattutto in ambito sanitario durante l’emergenza del Coronavirus, che possono garantire livelli di protezione molto alti. Vediamo in cosa si differenziano e come si utilizzano.

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Mascherine chirurgiche

Le mascherine chirurgiche sono dispositivi medici utilizzati dal personale sanitario non tanto per garantire protezione a chi le indossa quanto per proteggere i pazienti e l’ambiente ospedaliero da eventuali trasmissioni di infezioni. Queste mascherine costituiscono una barriera contro goccioline di saliva e altri fluidi, garantendo una buona protezione contro eventuali microrganismi nocivi in uscita. Tuttavia, non possiedono un filtro che eviti a virus, batteri e altri microrganismi nocivi di venire a contatto con le vie aeree di chi le porta.

Di solito, le mascherine chirurgiche sono monouso e vanno quindi gettate dopo il primo utilizzo e, in generale, indossate per non più di qualche ora. 

mascherine chirurgiche e coronavirus

Dispositivi di protezione individuale

I dispositivi di protezione individuale, chiamati anche filtranti facciali o maschere respiratorie, proteggono chi li indossa dall’ingresso nelle vie aeree di virus e altre particelle nocive presenti nell’aria.

La principale differenza con le mascherine chirurgiche consiste nella capacità filtrante che questi dispositivi possiedono e sulla base della quale sono classificati in FFP1, FFP2 e FFP3. Le maschere FFP1 raggiungono una potenza filtrante del 78%, le mascherine FFP2 del 95% e le mascherine FFP3 del 99%.

Riuscendo a bloccare il passaggio di fibre, particelle e polveri dalle dimensioni davvero infinitesimali e che viaggiano per trasmissione aerea, si definiscono come i dispositivi in grado di contrastare nel modo più efficace la diffusione del Coronavirus.

Anche in questo caso, nella stragrande maggioranza di casi parliamo di dispositivi monouso, la cui efficacia è garantita solo per alcune ore. Al termine dell’intervallo di tempo indicato dalla ditta produttrice, la capacità filtrante della mascherina viene drasticamente ridotta e, per questo motivo, va rimossa e sostituita con una nuova.

I DPI possono essere dotati di valvole di espirazione che, permettendo al fiato di fuoriuscire, rendono più agevole la respirazione. È importante ricordare che gli individui positivi o infetti dal Coronavirus non devono assolutamente indossare mascherine con valvole.

Infine, trattandosi dei dispositivi più efficaci in assoluto nella lotta contro il Covid-19, l’OMS ne raccomanda l’utilizzo da parte del personale sanitario direttamente coinvolto.

Mascherine e Coronavirus: buone pratiche di utilizzo

Le autorità in ambito sanitario ricordano che le mascherine servono a ben poco se utilizzate in modo sbagliato o se non vengono rispettate le norme igieniche raccomandate.

Innanzitutto, bisogna assicurarsi di acquistare soltanto prodotti sicuri e realizzati secondo gli standard definiti dalle normative: occorre quindi controllare che sulla confezione sia riportata la marcatura CE.

Poi, prima di indossarle bisogna lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone o con un gel disinfettante: se maneggiate con le mani sporche, infatti, l’efficacia delle mascherine può risultare compromessa. La mascherina va presa dagli elastici o dai lacci e fissata al capo.

Per funzionare bene, deve aderire perfettamente al volto e coprire naso e bocca. 

Quando è ora di rimuoverla, va presa di nuovo dagli elastici (o dai lacci), piegata su se stessa senza toccarne la parte esterna e gettata nel contenitore dell’indifferenziata. Subito dopo, bisogna di nuovo lavare le mani con estrema attenzione.

Quante volte possiamo utilizzare le mascherine per Coronavirus? Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, la maggior parte delle mascherine chirurgiche e dei DPI sono monouso e vanno quindi indossati solo una volta. 

Tuttavia, in commercio esistono anche le mascherine Coronavirus riutilizzabili, destinate quindi a più di un utilizzo. Per riconoscerle, occorre verificare che sulla confezione sia riportata le sigla R; nel caso di quelle usa e getta, viene invece indicata la sigla NR. 

Infine, le autorità sanitarie raccomandano di affiancare l’uso della mascherina, oltre che a rigorose norme igieniche, anche ad alcuni comportamenti fondamentali come il distanziamento sociale.

Mascherine Coronavirus fai da te: sono efficaci?

Mascherine Coronavirus fai da te: sono efficaci?

La scarsa disponibilità di mascherine per il Coronavirus è stato uno dei principali problemi sorti durante la pandemia. Alla difficoltà nel reperire i preziosi dispositivi c’è chi ha risposto suggerendo le modalità per realizzare in casa la propria mascherina fai da te, magari utilizzando del cotone o del tessuto.

Tuttavia, gli esperti invitano caldamente a diffidare da questi sistemi per il semplice fatto che le mascherine fatte in casa non possiedono alcuna capacità filtrante. Pertanto, non vanno assolutamente indirizzate a un uso professionale o a situazioni a rischio di contagio. 

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mascherine antismog per ciclisti

Indipendentemente dall’attuale emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, chi sceglie di muoversi in bicicletta è facile che si doti di mascherine antismog per ciclisti.

Già da tempo, e ben prima che arrivasse il virus a spaventarci, combattiamo, infatti, con un altro nemico invisibile che infesta l’aria che respiriamo causando non pochi danni alla nostra salute: l’inquinamento. È risaputo che particolato e polveri sottili, alla lunga, possono portare a malattie anche gravi del sistema respiratorio.

Per i ciclisti, che passano tanto tempo a contatto con i fumi e il traffico delle strade, le maschere antismog possono rappresentare un’ottima soluzione per proteggere le vie aeree dalle sostanze nocive presenti nell’aria. Tuttavia, non è semplice capire quali sono i modelli di mascherine antismog per ciclisti più efficaci. Facciamo chiarezza nei prossimi paragrafi dando qualche consiglio per l’acquisto e l’utilizzo di questi prodotti.

Come sono fatte e come funzionano le mascherine antismog per ciclisti

Sappiamo bene che i dispositivi di protezione individuale (DPI) come le mascherine FFP2 e FFP3 si sono rivelate delle soluzioni più che ottime nel contrastare la pandemia da Covid-19. In particolare, sono fondamentali per chi vive o lavora a contatto con individui positivi al virus o risultati infetti, e per chi passa tante ore a contatto con il pubblico.

Allo stesso modo, questi prodotti si rivelano molto utili anche per i ciclisti, che percorrono ogni giorno tragitti di media lunghezza per raggiungere il posto di lavoro o che si spostano in bici per esigenze di vita quotidiana.

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come funzionano le mascherine antismog per ciclisti

Tipologie di maschere antismog per ciclisti 

I dispositivi di protezione individuale come le maschere facciali si caratterizzano per la capacità di filtrare particelle nocive di dimensioni molto piccole, evitando così che raggiungano le vie aeree di chi li indossa.

La normativa europea che regola la produzione e il funzionamento di questi dispositivi li divide in tre categorie, proprio a seconda dell’efficienza filtrante che possiedono. Mentre le mascherine FFP1 (dove FFP sta per “Filtering Facepiece Particles”) possono filtrare fino al 78% degli agenti patogeni e inquinanti, le mascherine FFP2 arrivano fino al 92% e le mascherine FFP3 fino al 98%.

Le maschere FFP3 sono quindi le più efficaci nel bloccare fumi, polveri sottili, virus e particelle di materiali anche molto pericolosi come il piombo e l’amianto. Non a caso, vengono utilizzate dai lavoratori industriali di settori come il chimico e il metallurgico.

In generale, i modelli FFP3 sono anche le mascherine antismog per ciclisti più efficaci.

In fase di acquisto, la scelta del modello deve dipendere soprattutto dalla valutazione del reale utilizzo che se ne farà e del tempo di esposizione allo smog al quale si pensa di sottoporsi. Occorre, quindi, valutare che tipo di utilizzo verrà fatto della bicicletta (quante volte a settimana o quante ore al giorno si pensa di usarla) e se questa verrà impiegata per percorsi urbani o per strade di campagna e percorsi naturalistici. In molti casi, infatti, sono sufficienti le mascherine FFP1 e FFP2.

Valvole di espirazione e mascherine antismog per ciclisti

Un elemento molto importante nella scelta di una maschera antismog per ciclisti è la presenza della valvola di espirazione

Questa fa sì che il fiato fuoriesca dalla maschera, evitando la creazione della condensa al suo interno. In questo modo, aumenta il comfort di chi la indossa. Non solo, ma la valvola aiuta a rendere più agevole la respirazione migliorandola.

Pertanto, è sicuramente adatta a chi soffre d’asma o di allergie respiratorie.
Per chi porta gli occhiali, la presenza della valvola di espirazione è sicuramente un plus di notevole importanza: questa evita, infatti, l’appannamento delle lenti, rendendo ottimale la visibilità del ciclista. Affinché questo si verifichi, però, occorre che la mascherina venga posizionata correttamente sul viso seguendo le istruzioni della ditta produttrice.

A questo proposito, alcune maschere sono dotate di placchetta stringinaso regolabile per far sì che il dispositivo si fissi meglio al viso.

Mascherine antismog per ciclisti monouso o riutilizzabili

Un ciclista può scegliere tra mascherine monouso, quindi usa e getta, e mascherine con il filtro intercambiabile

Nel primo caso, si tratta di prodotti che hanno una durata variabile di alcune ore (minimo 10 ore), al cui termine si esaurisce l’efficacia del dispositivo. Per questo motivo, è importante non utilizzarlo più a lungo del previsto e non riciclarlo. 

Nel secondo caso, invece, le mascherine possono essere riutilizzate, ma va periodicamente sostituito il filtro. La sostituzione va fatta in base alle indicazioni fornite dalla ditta produttrice, ma è abbastanza intuibile quando è il momento di farla perché il filtro si scurisce e la respirazione diventa più difficoltosa.

Questi modelli, di solito, hanno un costo più alto a fronte, però, di un utilizzo prolungato nel tempo.

Consigli per l’utilizzo della mascherina antismog per ciclisti

Consigli per l’utilizzo della mascherina antismog per ciclisti

Qualsiasi dispositivo di protezione individuale, per funzionare, deve essere indossato nel modo corretto, altrimenti la sua efficacia rischia di essere vanificata.
La mascherina deve quindi aderire perfettamente al volto e non deve lasciare fessure aperte al passaggio dell’aria. Chi porta la barba potrebbe non riuscire a indossarla come si deve.

La mascherina va poi fissata al viso mediante gli appositi elastici (che devono essere agganciati alle orecchie) o i lacci (che vanno invece legati dietro il collo e la testa).

Chi acquista mascherine antismog per ciclisti con filtri intercambiabili deve fare attenzione a riporre i filtri in un luogo sicuro, asciutto e non a contatto con l’aria. Pertanto, è bene che la confezione dei filtri rimanga ben chiusa fino al momento dell’utilizzo.

Infine, durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, raccomandiamo ai ciclisti di seguire le disposizioni emesse dalle autorità sanitarie circa l’uso dei DPI. In particolare, l’utilizzo va accompagnato al rispetto di norme igieniche molto rigorose, come lavarsi le mani con estrema cura prima di indossare la mascherina e dopo averla rimossa.

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mascherine antiallergiche

Da alcune settimane a questa parte, si è aperta la tanto fastidiosa stagione delle allergie. Anche quest’anno, quindi, la fioritura delle piante e la conseguente immissione nell’ambiente di svariati tipi di polline hanno iniziato a dare il tormento a migliaia di persone nel nostro paese.

Oltretutto, c’è chi con le allergie deve combattere non solo in questi mesi ma tutto l’anno perché sensibile ai comunissimi acari della polvere che vivono nelle nostre case o perché allergici a tanti tipi di fioriture.

Anche se non porta a conseguenze gravi di salute, l’allergia può rivelarsi parecchio fastidiosa. Oltre a coinvolgere il sistema naso-occhi-gola può portare a mancanza di concentrazione, stordimento, e così via. Per non parlare di situazioni molto più complesse da gestire come le crisi asmatiche.

Ovviamente, gli allergici possono intraprendere diverse terapie per prevenire o superare indenni la stagione dei pollini. Per far fronte a questo periodo, però, oltre ad assumere i farmaci previsti, è possibile indossare delle mascherine. In questo modo, coprendo naso e bocca si evita che i pollini presenti in quantità abbondanti nell’aria passino nelle vie aeree.

Ma quali sono le mascherine antiallergiche che funzionano meglio? E si tratta delle stesse mascherine in grado di proteggere dall’attacco dei virus come il Coronavirus? Facciamo chiarezza.

a cosa servono le mascherine antiallergiche

La funzione delle mascherine antiallergiche 

Da quando siamo entrati nella fase 2 dell’emergenza sanitaria scatenata dal Covid-19, le mascherine, che nei mesi passati abbiamo imparato a conoscere, sono diventate ancora più presenti nella nostra quotidianità. Adesso sono infatti obbligatorie nella maggior parte dei momenti che passiamo fuori casa: quando andiamo a fare la spesa, quando prendiamo i mezzi pubblici, quando dobbiamo incontrare altre persone, e così via.

Inutile negare che, per molti individui che soffrono di allergie respiratorie, quest’obbligo è stato visto come un ulteriore disagio.

Tuttavia, secondo gli esperti, indossare una mascherina antiallergica non compromette assolutamente le già precarie condizioni respiratorie ma, anzi, fornisce un supporto.

Di recente, persino l’Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri (AAIITO) si è espressa incoraggiando le persone che soffrono di allergia a ricorrere all’utilizzo delle mascherine per proteggersi dai pollini. La possibilità di non venire a contatto con queste sostanze permette infatti di ridurre significativamente la sintomatologia allergica.

Questo succede perché la mascherina, se usata nel modo corretto, è in grado di fornire alle nostre vie aeree un “filtro” che impedisce il passaggio di polveri e pollini nei periodi dell’anno in cui l’aria ne è particolarmente pregna. Ma quali sono le mascherine antiallergiche più adatte?

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Quali sono le mascherine antiallergiche che funzionano meglio?

Non tutte le mascherine sono uguali. Secondo alcuni esperti, sono molto indicate per chi soffre delle tipiche allergie primaverili le mascherine FFP2. Questi dispositivi di protezione individuale, che possiedono la marcatura CE e sono conformi alla norma europea EN 149, possiedono una capacità filtrante del 95%. Sono in grado di proteggere l’organismo da polveri, fumi, agenti patogeni e inquinanti di dimensioni davvero piccole. Basti pensare che le dimensioni delle particelle di polline sono di solito comprese tra 1 e 15 micron, mentre queste maschere sono addirittura in grado di filtrare microrganismi fino a 0,6 micron.

Non a caso, oltre a essere degli ottimi dispositivi antiallergici, le stesse maschere FFP2 sono utilizzate anche come maschere antismog.

L’importante è, appunto, che si tratti di prodotti certificati, ossia che soddisfino tutti gli standard di riferimento previsti per legge. 

Ancora più potenti delle FFP2 sono le mascherine FFP3, che arrivano a filtrare fino al 98% dei microrganismi nocivi presenti nell’aria e, pertanto, anche essi sono efficaci contro le fastidiosissime allergie.

Ma, come si diceva, non tutte le mascherine sono uguali. E molte persone utilizzano le semplici mascherine chirurgiche per proteggersi dalle allergie. In realtà, però, questi dispositivi medici non sono pensati per proteggere chi li indossa, ma per proteggere le altre persone. Queste mascherine, infatti, non forniscono una barriera in grado di filtrare i microrganismi nocivi provenienti dall’esterno, ma bloccano gli eventuali schizzi di saliva e di altri fluidi biologici provenienti dall’interno.

Medici e infermieri indossano le mascherine chirurgiche non per proteggersi dal contagio dei virus ma per evitare di essere loro a infettare l’ambiente o i pazienti. 

Pertanto, questi dispositivi possono fornire solo una protezione molto blanda da pollini e allergeni.

Le mascherine antiallergiche proteggono dal Coronavirus? 

I dispositivi di protezione individuale con capacità filtrante FFP2 e FFP3, che abbiamo indicato come ottime maschere antiallergiche, sono gli stessi che in questi mesi sono stati utilizzati in ambito sanitario per proteggere medici e infermieri dal rischio di contagio Covid-19.

Questo proprio in virtù della loro potenza filtrante, in grado di bloccare anche il passaggio dei virus nelle vie aeree di chi li indossa. 

mascherine antiallergiche e coronavirus

Pertanto, possiamo affermare che chi usa le maschere filtranti FFP2 e FFP3 per proteggersi dalle allergie stagionali si protegge anche dalla diffusione del Coronavirus.

Chi invece ricorre alla semplice mascherina chirurgica non ottiene alcuna protezione dai virus, ma, come abbiamo specificato nel paragrafo precedente, se infetto può proteggere le altre persone.

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mascherine chirurgiche 4 strati

L’emergenza scatenata dalla diffusione del Coronavirus ci ha insegnato che le mascherine non sono tutte uguali. In ambito sanitario, distinguiamo infatti le mascherine chirurgiche, che sono dispositivi medici, dai filtranti facciali o maschere respiratorie, altrimenti detti dispositivi di protezione individuale (DPI).

Le mascherine chirurgiche vengono indossate per non infettare l’ambiente e le persone circostanti, ma non garantiscono alcuna protezione dai virus a chi le indossa. Al contrario, i dispositivi di protezione individuale proteggono chi li indossa dall’inalazione di particolati, aerosol, virus e altri microrganismi dannosi per la salute e presenti nell’aria. Sono proprio questi (che si dividono in FFP1, FFP2 e FFP3) i più efficaci nel limitare il contagio da Covid- 19.

In merito ai dispositivi medici occorre, però, fare delle distinzioni a livello strutturale: in commercio, infatti, possiamo trovare delle mascherine chirurgiche a quattro strati oppure a tre strati. In questo articolo spieghiamo che differenza c’è tra un tipo e l’altro.

Utilizzo della mascherina chirurgica a 4 strati o 3 strati

Prima di scoprire se effettivamente cambia qualcosa di sostanziale tra l’utilizzo di mascherine chirurgiche a quattro strati o a tre strati è doveroso fare alcune considerazioni.

In situazioni gravi come quella scatenata dal Covid-19, il semplice impiego dei dispositivi medici o di protezione individuale non basta. È importante, infatti, che questi vengano utilizzati correttamente attenendosi alle istruzioni fornite dalle ditte produttrici e dalle autorità sanitarie.

Inoltre, l’uso delle mascherine va accompagnato all’adozione di norme igieniche molto rigorose e precise e di comportamenti come il mantenimento della distanza di sicurezza dalle altre persone, come raccomandato.

Inoltre, una mascherina danneggiata, bagnata, o che è stata a contatto con superfici e ambienti potenzialmente contaminati non va assolutamente riutilizzata. In generale, però, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, le mascherine sono monouso e vanno gettate subito dopo il primo utilizzo e allo scadere della durata prevista (che va da circa tre ore a un massimo di 8, a seconda dei modelli).

Fatte queste premesse, vediamo cosa cambia tra le mascherine chirurgiche a quattro strati e a tre strati.

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mascherine chirurgiche strati e materiali

Differenze tra le mascherine chirurgiche 4 strati e 3 strati

Conosciamo la mascherina chirurgica da sempre: chi non ha mai fatto una visita dal dentista o in ospedale? Ecco, le mascherine chirurgiche sono proprio quelle indossate da medici, infermieri e personale sanitario in occasione delle visite ai pazienti e degli interventi in sala operatoria.

Quello che non sapevamo è che esistono quattro tipi di mascherine chirurgiche: I, IR, II e IIR. Questi si differenziano per il grado di efficacia offerto dal dispositivo. Vediamo in che modo.

Come i dispositivi di protezione individuali, anche le mascherine chirurgiche devono sottostare ad alcune normative europee e superare alcuni test molto rigorosi per poter essere immesse in commercio. In particolare, l’obiettivo delle prove cui vengono sottoposte le mascherine chirurgiche è valutare l’efficacia della filtrazione batterica dall’interno all’esterno del dispositivo.

Superando questi test, i prodotti risultano conformi alla norma EN 14683. Ed è questa norma che stabilisce i quattro livelli di efficacia che abbiamo indicato.

Le mascherine di tipo I possiedono un’efficacia di filtrazione al 95%, quelle di tipo II al 98%. A proposito delle mascherine IR e IIR, queste due tipologie hanno superato anche il test di resistenza; tra le due, i modelli IIR sono quelli risultati più resistenti agli schizzi di liquidi e fluidi.

Le mascherine chirurgiche di tipo II e IIR sono quindi quelle più efficaci, e dunque migliori

Di solito, le mascherine chirurgiche di tipo II sono a tre strati, mentre quelle di tipo IIR sono composte da quattro strati.

Dovendo quindi fare una scelta tra le mascherine chirurgiche a quattro strati e quelle a tre strati possiamo dire che hanno la stessa efficacia nel bloccare il passaggio di microrganismi nocivi all’esterno, ma le mascherine chirurgiche a quattro strati di tipo IIR sono da considerarsi migliori, in quanto più resistenti. 

differenze mascherine chirurgiche tre o quattro strati

Durante la pandemia da Covid-19, l’impiego delle mascherine chirurgiche di tipo II (a tre strati) e IIR (quattro strati) è raccomandato alle persone ritenute infette o potenziali tali in tutte quelle situazioni in cui hanno contatti con altri individui. Questo, proprio in virtù del buon livello di efficacia di filtrazione batterica rilevato dai test, che fa sì che i microrganismi trasmessi dalla persona malata non si disperdano nell’ambiente e che gli schizzi e le goccioline di saliva vengano trattenuti.

Le altre mascherine chirurgiche possono essere utilizzate dalla popolazione sana e in situazioni a basso rischio di contagio, quindi dove non si corre il pericolo di venire a contatto con persone infette o positive al virus.

Qualora si volesse optare per un acquisto consapevole, con la sicurezza di scegliere il prodotto più adatto alle proprie esigenze, si ricorda che il tipo di mascherina (II o IIR) è indicato appositamente sulla confezione del dispositivo insieme alla marcatura CE.

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